Smart working: quando il lavoro si fa “agile”

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smart-workingDalle grandi imprese alle PMI, crescono in Italia i lavoratori che sfruttano la possibilità di svolgere in modo “agile” il lavoro (Smart Working), operando con modalità flessibili di luogo, orario e strumenti di lavoro, sfruttando le nuove tecnologie digitali.

È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, recentemente presentata nel corso del Convegno: “(Smart) Work in progress!”, uno studio che ha coinvolto 339 manager delle funzioni IT, HR e Facility, oltre a un gruppo rappresentativo di 1.004 lavoratori per rilevare le attuali modalità di lavoro delle persone.

Mariano Corso - osservatorio smart workingCome ha spiegato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working: «Il 2016 è stato un anno di svolta per lo Smart Working in Italia: alla crescente diffusione e maturazione dei progetti delle imprese si è accompagnata una sempre maggiore consapevolezza a livello istituzionale, con il Disegno di Legge del Governo approdato in Parlamento».

Infatti, ben il 30 per cento delle grandi imprese, nel 2016, ha realizzato progetti strutturati di Smart Working, con un incremento significativo rispetto al 17 per cento dello scorso anno, cui si aggiunge l’11 per cento che dichiara di lavorare secondo modalità “agili” senza, tuttavia, aver introdotto un progetto sistematico. Stazionaria, invece, la situazione nelle PMI, con una percentuale di diffusione di progetti strutturati ferma al 5 per cento rispetto allo scorso anno, con un altro 13 per cento che opera in modalità Smart in assenza di progetti strutturati. Aumenta, però, il numero di PMI interessate ad un’introduzione futura (il 18 per cento).

Riferendosi al solo lavoro subordinato, i lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati sono già 250.000, circa il 7 per cento del totale di impiegati, quadri e dirigenti, con una crescita del 40 per cento rispetto al 2013.

Per quanto riguarda il profilo del lavoratore “smart” tipo, questo è un uomo (nel 69 per cento dei casi), con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52 per cento dei casi, solo nel 38 per cento nel Centro e nel 10 per cento al Sud) e trova benefici nello sviluppo professionale, nelle prestazioni lavorative e nell’equilibrio tra vita personale e professionale rispetto ai lavoratori che operano secondo modalità tradizionali.

 

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Maurizio Gambini

Ingegnere elettronico, giornalista pubblicista che da molti anni lavora nel settore della comunicazione tecnica.
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