Smart city, ecosistema vantaggioso, ma va messo in pratica

Mauro Annunziato, coordinatore Smart City dell’Enea, fa il punto sulla situazione italiana ed europea, elencando vantaggi e limiti
smart city

Si parla spesso di smart city. Ma a che punto siamo a livello italiano e internazionale? È un tema di cruciale importanza dato che nelle città vive il 50% della popolazione mondiale, in grado di consumare globalmente fino all’80% dell’energia.

Abbiamo voluto comprendere lo stato dell’arte con uno dei maggiori esperti italiani e non solo: Mauro Annunziato, direzione della divisione Smart Energy, del dipartimento Tecnologie Energetiche dell’Enea, e coordinatore del progetto Smart City per l’Agenzia nazionale. 

Qual è la situazione che vive l’Italia? 

Mauro Annunziato coordinatore progetto Smart CityUna situazione articolata. A fronte di un panorama internazionale in evoluzione significativa, in Italia siamo ancora alle prime sperimentazioni pilota. Non solo: siamo ancora fermi a progetti di scala ridotta.

A livello europeo è stata avviato, all’interno di Horizon 2020 un programma di finanziamento denominato Lighthouse (“città faro”) applicato su un distretto, ossia su un ambito urbano che interessi almeno 10mila cittadini. Sono stati messi a bando e avviati una trentina di progetti in altrettante città europee. La dimensione prevista è sufficiente a dimostrare la concretezza e l’attitudine a livello tecnologico di risolvere problematiche, ma anche la capacità di essere compresa e ben accolta dai cittadini, oltre che essere un’esperienza economicamente sostenibile. Quest’ultimo aspetto in particolare non è ancora stato raggiunto, e la conseguente replicabilità su scala urbana è ancora tutta da dimostrare.

In Italia solo due progetti sono stati avviati due anni fa, a Firenze e a Milano, i cui risultati si vedranno solo tra due/tre anni. A parte questi, a livello nazionale sono stati condotti progetti o su piccola scala o riguardanti un singolo aspetto, ad esempio l’illuminazione. Il progetto smart city riscontra invece un vantaggio significativo quando coinvolge e integra varie infrastrutture digitali e servizi urbani, avvantaggiandosi a vicenda dal reciproco scambio d’informazioni. 

A livello europeo/mondiale quali Paesi sono più avanzati? Quali i modelli virtuosi?

Le realizzazioni più interessanti in questo senso sono quelle realizzate all’interno del progetto citato. Tra queste, vale la pena citare Barcellona, Amsterdam, Stoccolma.

Cosa manca perché si creino le situazioni per uno sviluppo ampio e coerente? 

Quando fu lanciato a livello europeo quest’idea progettuale di smart district, tre anni fa, diversi Paesi europei, tra i quali Austria, Gran Bretagna e Norvegia, decisero di investire mediante l’adozione di piani di finanziamento nazionali. In Italia esistono fondi strutturali analoghi, come il PON (Programma Operativo Nazionale) Metro: si tratta di somme ingenti che potrebbero essere stanziate per costruire questi distretti dimostrativi.

Finanzierebbe 14 città metropolitane (Torino, Genova, Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Catania, Messina e Palermo). L’iniziativa è al momento in fase di avvio. Il PON Metro è coordinato dall’Agenzia di Coesione territoriale e si stanno facendo sforzi importanti. Occorre, però, attuare un percorso di convergenza, senza frammentazioni tra città, potendo contare sulla capacità di replicabilità da una all’altra tale da permettere costi sensibilmente inferiori. L’Enea è impegnata proprio su questo fronte: a tale proposito ha organizzato a Bologna un convegno dedicato, a respiro internazionale. 

Quali sono i problemi che sconta maggiormente l’Italia?

smart cityPremetto che persistono alcune barriere comuni a livello comunitario, principalmente causati dalla mancata individuazione dei modelli di business per riuscire a giungere a soluzioni praticabili in modo che il finanziatore possa ritornare nell’investimento sotto varie forme.

A livello nazionale scontiamo, come detto, una frammentazione a ogni grado: a livello di imprese, non si è compreso che la smart city non è un’azienda che investe su una città ma è un ecosistema, in cui le aziende si devono mettere d’accordo su alcuni aspetti, per esempio sugli standard. Ma la frammentazione la si ritrova anche nell’organizzazione politica della città stessa: molto spesso si ragiona a compartimenti stagni, tra assessorati, senza che ci sia un coordinamento.

Ed è fondamentale questo aspetto perché i servizi in ottica smart city vanno a integrare aspetti attinenti vari settori e diversi assessorati, quindi occorrono tavoli di coordinamento, una delega specifica per mettere d’accordo tutti gli attori interessati e formare anche in questo caso un ecosistema.

L'aspetto normativo e gli investimenti pubblici e privati aiutano o ostacolano lo sviluppo?

Nel caso degli investimenti occorre considerare due aspetti: il primo riguardante la possibilità di dimostrare la disponibilità di un ritorno degli investimenti per quanto riguarda le aziende. Per quanto riguarda l’investimento pubblico abbiamo riscontrato grandi limitazioni causati dai vincoli del Patto di Stabilità. Per quanto riguarda invece l’aspetto normativo permangono anche in questo caso vincoli, per esempio in materia di privacy. Ci vuole cautela, da una parte, ma dall’altra c’è l’esigenza di “liberalizzare” la gestione dell’energia, ottenendo risparmi consistenti e minori spese.

Forse manca ancora la percezione dell’utilità della smart city.

È bene ribadire i vantaggi connessi alla realizzazione di una realtà di questo genere, non crede?

Certamente. Non abbiamo ancora di fatto visto ancora la realizzazione di una smart city, quindi per ora siamo ancora a livello teorico.

Ma i vantaggi sono concreti e significativi: creare una smart city significa abbattere i costi energetici, per esempio. Solo mettendo in connessione il sistema del traffico e l’illuminazione pubblica, utilizzando i dati e mettendoli a frutto, è possibile regolare l’intensità luminosa dei lampioni, permettendo risparmi energetici anche del 30%.

Ma è solo un esempio: i vantaggi sono ampliabili in vari aspetti, dalla sicurezza alla qualità di vita. Anche nel caso di edifici nuovi dove sono installati dispositivi smart home, i residenti si rendono bene conto di cosa significhi abbattere notevolmente i costi della bolletta. Bisogna, quindi, arrivare a realizzare i progetti nei vari quartieri interessati dal programma europeo e permettere così di percepire vantaggi, notevoli e ad ampio raggio. La stessa possibilità di contare su un’ampia disponibilità e quantità di dati permette di aprire un mercato completamente nuovo di servizi a disposizione con vantaggi notevoli e costi molto contenuti.

La strategia Enea in ottica smart city

Lo scorso giugno, a Bologna, durante il workshop “Building the Italian Smart City Ecosystem in the European Framework”, è stata presentata la strategia Enea per una città del futuro sempre più smart, sostenibile e inclusiva.

Il convegno è stato organizzato nell’ambito della iniziativa europea EERA JPSC (European Energy Research Alliance Joint Programme on Smart Cities), di cui Enea è membro dell’Executive Committee dal 2010. L’evento ha avuto l’obiettivo di “promuovere l’integrazione tra sistemi urbani e nuovi approcci intelligenti nel design e nella gestione dei sistemi energetici delle città e definire una roadmap per la rigenerazione urbana comune a istituzioni, centri di ricerca, municipalità e imprese”, ha segnalato l’Agenzia nazionale in una nota, precisando che si tratta di un ecosistema nazionale delle città “che fonde esperienze e tecnologie, architetture innovative e piattaforme ICT, dove tecnologie innovative integrano smart building e smart home, mobilità elettrica e rinnovabili e interagiscono con cittadini e amministratori attraverso nuovi linguaggi e indicatori, ma anche processi di citizen engagement e coworking per cogliere la sfida della Smart City”.

 

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.
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