L’Internet of Things spalanca la porta a un futuro che è sempre più attuale e presente, a un mondo di oggetti interconnessi, di applicazioni e di soluzioni utili.
Ma come cambiano e cambieranno le nostre vite e cosa dobbiamo attenderci dal progresso tecnologico e dallo scenario che si sta già concretizzando sotto i nostri occhi?
Fabio Gatti, ingegnere esperto di telecomunicazioni e di IoT, ai visitatori di Illuminotronica ha mostrato, mediante un monitor, una rappresentazione concreta da esempio: una mappa virtuale dei sensori presenti a Milano, attraverso e grazie ai quali sarebbe possibile leggere immediatamente alcune situazioni, prime delle quali il traffico e la possibilità di gestire il trasporto pubblico, e provvedere a offrire soluzioni in tempo reale.
L’abbiamo incontrato proprio in occasione della fiera dedicata all’integrazione intelligente delle tecnologie legate a luce, home e sicurezza, e abbiamo cercato con lui di prefigurare e comprendere lo scenario su cui ci stiamo affacciando tutti e che è legato all’Internet delle Cose.
Parliamo spesso di IoT come di futuro, ma per molti aspetti non solo è già presente, ma addirittura ha un passato: “a Singapore, città candidatasi da tempo a smart city, da circa vent’anni hanno attuato il sistema Electronic Road Pricing, in grado di calcolare la tariffa che deve pagare ogni giorno un veicolo a seconda di quando e dove procede in città – riporta Gatti – Ciò è possibile grazie a dispositivi elettronici installati su ogni automobile, un sensore che al superamento dei varchi scala il credito. In caso di zona particolarmente congestionata, il sistema penalizza economicamente chi decide comunque, pur informato preventivamente, di entrare nell’area urbana”. Bene: oggi quella malese risulta essere la città asiatica più attenta all’ambiente: non è certo un caso…
L’esempio di Singapore raffigura bene quello che può essere un’architettura in chiave IoT: sensori che gestiscono informazioni, le convogliano in un sistema che li legge e li impiega per offrire soluzioni.
Una risposta semplice, ma calcolando i vari miliardi di oggetti connessi tutto questo assume un significato ben più complesso.
Partiamo da una considerazione: periodicamente vengono emessi report in cui si fa la stima degli oggetti connessi, sempre in termini di miliardi. Il punto importante non è tanto dato dal numero degli oggetti quanto dal porre in evidenza un trend in atto, ovvero la connettività globale che ormai è data dagli oggetti, dai device, e non più dai computer. Questi device generano i cosiddetti big data, tanto utili nella misura in cui vengono analizzati e sfruttati per creare valore.
Sono portato a considerare il dato grezzo una ricchezza, oggi non ancora pienamente sfruttata. Normalmente, infatti, il dato viene utilizzato limitatamente da chi lo crea. In realtà questi dati se resi disponibili e condivisi, cosa di per sé pienamente possibile, rappresenterebbero una ricchezza. È bene considerare che al centro dell’esperienza IoT ci deve essere l’uomo, l’esperienza utente e il valore percepito di tutta la tecnologia che vi sta intorno. Qui entra in gioco il vero valore del dato: appunto, nel suo impiego per creare valore aggiunto per le persone. A oggi esistono tecnologie consolidate; occorre vedere nel futuro cosa accadrà. Cominciamo ad avvicinarci ora a questa mole di dati generata: è uno scenario nuovo e, al tempo stesso, una sfida avvincente.
Ritengo che la smart city sia potenzialmente pronta. Pensiamo solo, come già detto, all’utilità di sfruttare i dati relativi al traffico per una sua migliore gestione, evitando di congestionare una zona particolarmente calda e sfruttando percorsi alternativi. Il pedone o, ancor più, l’automobilista potrebbe ricevere un alert e, nel caso, provvedere di conseguenza. A trarne altrettanto indubitabile vantaggio sarà il settore dell’healthcare perché il monitoraggio dei dati quali la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca potrebbe offrire benefici in senso di prevenzione, con notevoli vantaggi anche in termini di risparmi generati.
E poi naturalmente c’è l’Industria 4.0, con i vantaggi offerti dalla “fabbrica connessa” nella stessa relazione fornitore-cliente, che può avvantaggiarsi in termini di garanzia di un’assistenza puntuale e in tempo reale. Ma in generale sono vari gli ambiti industriali che dalla gestione del dato possono trarre vantaggi, in direzione di una manutenzione puntuale, con un concreto risvolto in termini di sicurezza e di allungamento della vita stessa degli impianti.
Sì e sono legati alla incapacità attuale di controllare il flusso delle informazioni, a tutto svantaggio della tutela della privacy.
Quest’anno lo reputo l’anno della svolta perché le soluzioni tecnologiche sono vicine alla maturazione e in generale si stanno stabilizzando. Ci sono vari campi di impiego, si vedrà quali daranno frutto e quali no.
Sì, il paragone con i formati di videoregistrazione è centrato e ci aiuta a capire che non è importante farsi affascinare da una soluzione tecnologica piuttosto che da un’altra, perché non è quello il vero driver del futuro. La tecnologia non ha il compito di guidare quanto di abilitare. Il vero fattore trainante è il business e ciò che ci sta dietro. Nel panorama attuale ci sono molte soluzioni: vedremo quale sarà quella vincente.
L’installatore si sta confrontando con un mondo nuovo che richiede competenze differenti perché entrare nel mondo dell’IoT implica avere una visione di sistema direi olistica. Significa avere un bagaglio tecnico ben diverso da quello che richiede un impianto elettrico. Ecco perché serve una adeguata formazione.
Il vantaggio per l’installatore legato all’Internet of Things è il suo ruolo maggiormente propositivo: infatti, può proporre soluzioni, servizi legati all’installazione del sistema IoT e che prescinde una cura che va ben al di là della semplice messa a dimora.
Assolutamente sì. L’installatore ha il compito di illustrare al cliente e spiegargli cosa intende fare, quali potenzialità e finalità offra il progetto una volta attuato, quali vantaggi possano conseguire, e proporlo nel modo corretto.