Formazione ed etica per guidare l’innovazione

La digital transformation impone consapevolezza e strumenti per coniugare innovazione e sostenibilità. Un esempio? La piattaforma EcoStruxure di Schneider Electric
digital transformation schneider

In un mondo in continua trasformazione digitale, essere consapevoli di questo cambiamento diventa fondamentale. «Più gli strumenti diventano smart più è possibile prendere decisioni in tempo reale, capaci di avere un peso importante sugli scenari futuri. Per questo è bene avere una consapevolezza anche etica in merito alle decisioni da prendere». Lo afferma Laura Bruni, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne di Schneider Electric al termine di un intervento che la vedono relatrice a un convegno dedicato a innovazione e ambiente organizzato dal Kyoto Club. Per l’ente ricopre il ruolo di coordinatrice del Gruppo di Lavoro Efficienza energetica.

È una visione proiettata in avanti, la sua, con un’attenzione anche filosofica al tema delle tecnologie e all’importanza del loro uso consapevole ed etico: non è un caso che citi una frase di Seneca “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. «Quando sei in possesso di un’importante dotazione tecnologica devi decidere che persona, impresa, città vuoi essere: la scelta etica è un abilitatore ancor più importante di quanto non sia l’informatica o le tecnologie avanzate».

In tema di etica, c’è una relazione possibile tra tecnologia e sostenibilità ambientale?

Laura Bruni Schneider ElectricIn realtà innovazione tecnologica ed ecosostenibilità sono l’espressione massima di un progresso davvero efficace. Le tecnologie avanzate, specie correlate con l’informatica, sono per loro natura strumenti per customizzare il funzionamento di un’azienda, di un ciclo produttivo, di un edificio o di una città in modo da gestirli al meglio, ridurre i consumi, intervenire in tempo reale nel caso di problemi e provvedere a una manutenzione da remoto in tempo reale. Più è evoluto il processo di analisi e la tecnologia a supporto più le scelte sostenibili diventano praticabili. Ora occorre mettere a punto dei processi di comunicazione adeguati che consentano a ciascun attore della filiera di comprenderne i vantaggi di questo binomio.

Per parte sua, Schneider Electric ha contribuito mettendo a punto e rendendo disponibile uno strumento in grado di coniugare innovazione ed ecosostenibilità, attraverso l’uso dell’Internet of Things per ridurre i consumi energetici e aumentare l’efficienza operativa. Ed è quanto ha fatto realizzando la piattaforma EcoStruxure.

Tra le mansioni di cui si occupa per il Kyoto Club, oltre che per la sua attività in Schneider Electric, c’è l’Internet of Things. Come l’IoT viene in aiuto per legare ulteriormente innovazione tecnologica ed ecosostenibilità?

Tutto ciò che fa parte della digital transformation, a cui l’Internet delle Cose è parte integrante, è un formidabile strumento di abilitazione e di accelerazione sia dell’innovazione sia della sostenibilità. Il principio è chiaro: l’insieme di oggetti che prima svolgevano la loro funzione in maniera “monodimensionale” ora assumono una valenza smart; attraverso la sensoristica, raccolgono informazioni dal campo, le trasmettono per una loro elaborazione e una più ampia conoscenza e azione. Così è possibile accelerare l’azione dell’innovazione tecnologica e dell’ecosostenibilità.

Tutto questo però richiede competenze integrate, che vanno dal campo elettromeccanico fino al campo informatico.

Veniamo quindi alla formazione e al suo valore fondante. Come si mette in atto?

Per chi lavora in un mondo sempre più digitale e connesso è imprescindibile contare su una formazione completa, adeguata, non solo per integrare competenze non tradizionali, ma per acquisire un linguaggio comune che permetta di dialogare con chi sta a valle e a monte del proprio intervento professionale. È sempre più difficile e limitante lavorare per compartimenti stagni. Prendiamo come esempio l’ambito smart building: per essere tale c’è bisogno di integrare, fin dalla progettazione e dall’incontro tra obiettivi ingegneristici e architetturali.

Occorre quindi un linguaggio comune per un cammino condiviso e complementare. E poi ci sono confluenze di ruoli in grado di produrre nuovi mestieri, sempre più cruciali in prospettiva: penso, per esempio, agli specialisti di cybersecurity da inserire nei processi produttivi che presuppongono l’analisi dei dati, ovvero in ogni piega del tessuto produttivo, non solo nella pura tutela del data center.

alternanza scuola e lavoroSi tratta, quindi, di applicare un meccanismo formativo che per certi versi è verticale, quindi garantisce competenze molto profonde, in altre però deve essere orizzontale, ovvero deve saper inserire in un unico flusso tutto ciò che serve per una comprensione completa dell’intero processo. La nostra azione s’indirizza sia sui professionisti di oggi, ma soprattutto sulle nuove generazioni. I protagonisti di domani saranno i millennials.

Pur con una naturale propensione per il mondo digitale e interconnesso, manca loro la comprensione del valore aggiunto dato da ciò che si connette. La digital transformation è un fattore abilitante inutile se non produce valore, oltre a una consapevolezza etica e di visione rispetto al grande potere che le tecnologie consentono di avere.

Per questo abbiamo approntato dei percorsi formativi approvati tra l’altro dal Governo, riconoscendo Schneider Electric un’eccellenza nella formazione digitale. Siamo orgogliosi di questo e proseguiremo ulteriormente in questa nostra opera di traghettamento delle competenze operative verso la digital transformation.

Che occasione e vantaggi offre la proposta di Schneider Electric a un Millenials?

Nel mondo sempre più accelerato se un giovane è competente e smart avrà necessità e diritto di esprimere capacità decisionali in tempi rapidi; ciò significa preparare un ragazzo di 20-25 anni ad affrontare responsabilità importanti, avendo competenze lavorative adeguate e una visione integrata della tecnologia.
Abbiamo formato più di duemila studenti in alternanza scuola-lavoro con accademie di alta formazione riconosciute al più elevato livello istituzionale oltre che da Confindustria e sfrutteremo ancora l’opportunità dei competence center territoriali previsti dal piano per l’Industria 4.0.

Veniamo infine, all’efficienza energetica: quali sono le leve per crescere e sfruttare questa grande risorsa?

È da considerare come una miniera tuttora per lo più inesplorata, nonostante i grandi sforzi profusi e anche la capacità dell’Italia di distinguersi nel novero dell’efficienza. Un esempio, in tal senso, è la messa in pratica dell’obbligo delle diagnosi energetiche coordinato dall’ENEA che ha visto l’Italia primo Paese in Europa per numero di interventi: ciò significa contare su un tessuto industriale sensibile e predisposto ad agire e rispondere su questo tema. Ma c’è ancora una grande “riserva inesplorata” ed è costituita dal patrimonio immobiliare la cui età media è decisamente la più alta al mondo.

Ora c’è da fare un passo in più rispetto all’efficienza passiva degli edifici – come l’adozione del cappotto termico, per esempio: renderla attiva attraverso la gestione e il controllo smart degli strumenti.

C’è attenzione su questi temi, da parte del mondo istituzionale e non solo, e anche l’Europa sta procedendo in questa direzione. In questo modo va vista l’approvazione dell’Energy Performance Building Directive (EPBD) che ha inserito un elemento importante di novità: la previsione di un “indicatore d’intelligenza” tramite cui gli immobili diventeranno sempre più smart, automatizzati e in grado di adattarsi agli stili di vita degli occupanti, garantendo comfort e risparmio energetico.

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.

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