Schneider Electric in prima linea nella parità di genere

Tecnologia e prodotti innovativi non sono tutto: la presenza di Schneider Electric nel Bloomberg Gender-Equality Index 2018 dimostra come oggi più che mai le strategie di business delle aziende siano chiamate a includere anche componenti etiche e sociali, per una piena riuscita a livello globale. Inizialmente pensato, nel 2016, per le sole imprese di servizi finanziari, l’indice di Bloomberg apre quest’anno per la prima volta alle aziende di diversi settori che abbiano una capitalizzazione di mercato pari o superiore a un miliardo di dollari e almeno un titolo negoziato su una delle borse Usa.

blombergObiettivo dell’iniziativa, realizzata tramite i dati forniti volontariamente dalle aziende compilando un dettagliato questionario, è quello di divulgare informazioni comparative sul loro impegno nel promuovere la parità di genere, incoraggiando la diffusione di dati da parte delle realtà imprenditoriali, per ottenere maggiore trasparenza nel mercato e accrescere una cultura inclusiva e sensibile alle diversità.

“Schneider Electric, come le altre 103 aziende all’opera nei più diversi settori economici, è inclusa nell’indice per il suo impegno nel creare ambienti di lavoro che sostengono la parità di genere – spiega Peter T. Grauer, presidente di Bloomberg e presidente fondatore di U.S. 30% Club – Un esempio importante per aiutare ogni tipo di organizzazione a innovarsi e ad adeguarsi all’esigenza sempre più pressante di diversità e inclusione nel mondo del lavoro”.

Trasparenza e responsabilità sociale nelle strategie di Schneider

Le imprese che completano il questionario, ottengono un punteggio basato sia sulla trasparenza con la quale comunicano le informazioni, sia sull’eccellenza dei dati forniti. Nel caso di Schneider Electric, il Bloomberg Gender-Equality Index 2018 ha riconosciuto l’impegno diretto del top management, la capacità di coinvolgimento della propria community, le pratiche e le policy in atto.

Risultati frutto di un’attenta mission di responsabilità sociale, anche nella gestione delle risorse umane, fondamentale per un’azienda strutturata e di respiro internazionale, come spiega Olivier Blum, Chief Human Resources Officer ed Executive Vice President di Schneider Electric: “La parità di genere nel mondo del lavoro è essenziale, non solo perché è la cosa giusta da fare, ma anche perché è uno strumento fondamentale per aiutare le persone a ottenere il loro pieno potenziale, sviluppare le proprie competenze ed essere più produttive. La parità di genere è realtà quando le persone possono avere accesso agli stessi riconoscimenti, sfruttare le stesse risorse, avere le stesse opportunità a prescindere dal genere di appartenenza. Riconoscere le differenze e valorizzarle è parte del DNA “sociale” di Schneider Electric”.

Tra le iniziative promosse all’interno di questa strategia “inclusiva”, spicca il monitoraggio trimestrale del proprio percorso di sviluppo sostenibile anche nella parità salariale di genere, tramite il Planet&Society Barometer. Attività che ha permesso a Schneider Electric di raggiungere nel 2017 l’obiettivo di avviare processi in questo ambito a favore dell’85% dei dipendenti nei diversi Paesi in cui l’azienda opera.

Altra azione concreta nella promozione della parità di genere, l’adesione al movimento HeForShe che vede Schneider nella lista dei trenta decision-maker appartenenti al mondo accademico, governativo e imprenditoriale che lavorano per rendere la parità di genere una priorità istituzionale.

Information security, GDPR e cybercrime leve del mercato

C’è una data ben appuntata sul calendario di moltissime aziende italiane: 25 maggio 2018. In quel giorno, infatti, verrà applicato definitivamente, dopo una transizione durata due anni, il regolamento generale sulla protezione dei dati, o GDPR (General Data Protection Regulation). È lo strumento normativo voluto dalla Commissione europea, per tutelare maggiormente la privacy dei cittadini UE, rafforzandone e rendendo più omogenea la protezione dei dati personali.

«È un appuntamento che vede moltissime aziende in affanno e condizionerà moltissimo investimenti e sforzi delle imprese italiane, ma è anche una straordinaria opportunità per aumentare la consapevolezza e mettere in atto una serie di misure e interventi specifici». Lo ha affermato Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Information Security & Privacy della School of Management del Politecnico di Milano in occasione della presentazione della ricerca GDPR e Security: un percorso impervio… a trazione integrale.

Adeguamento al GDPR, un traino considerevole

La ricerca, presentata ieri mattina a Milano, è stata realizzata attraverso un’indagine che ha visto coinvolti 1107 responsabili della sicurezza informatica di imprese italiane, oltre a una specifica ai risk manager e chief risk officer di 106 organizzazioni italiane e un’ulteriore indagine su 313 professionisti del settore sul tema data protection. Nella ricerca si pongono in evidenza vari dati, a partire da quello sul mercato della information security, che da 976 milioni di euro del 2016 ha superato il miliardo di euro nel 2017 (1.090 milioni), facendo segnare un +12%.

GDPR osservatorio PoliMI

Non solo: tra le priorità di investimento, quella dedicata alla cybersecurity è balzata dal decimo posto del 2016 al quarto in un solo anno.

A trainare gli investimenti c’è la necessità di adeguarsi alla normativa GDPR. Certo, ha fatto notare Gabriele Faggioli, presidente Clusit e responsabile scientifico dell’Osservatorio Information Security & Privacy, se si guarda ai dati riguardanti il panel di 160 grandi imprese, ancora l’8% dichiara una scarsa conoscenza delle implicazioni, ma considerando che solo un anno fa era il 23%, la situazione è migliorata parecchio. La riprova è che mentre nel 2016 erano solo il 9% le aziende in cui è già in corso un progetto strutturato di adeguamento al GDPR, l’anno scorso questa percentuale è salita al 51%.

Un’impresa su tre (il 34%) sta invece analizzando i requisiti richiesti e i piani di attuazione possibili. Alla maggiore conoscenza corrisponde anche un deciso incremento delle risorse staznaite: il 58% delle aziende ha un budget dedicato all’adeguamento al GDPR.

Osservatorio GDPR PoliMI

Permangono certamente le lacune: la prima è che il 42% le stesse grandi organizzazioni non ha ancora programmato di stanziare un budget dedicato – o prevede di farlo nei prossimi sei mesi. La seconda, più rimarchevole, è che il panel considerato riguarda in questo caso le grandi imprese, realtà quindi decisamente più strutturate e con budget più importanti.

Information security, le armi di difesa e gli investimenti

In ogni caso, evidenzia la ricerca, le PMI non sono così sprovvedute sul tema, quantomeno in ambito di cybersecurity. Il livello di adozione di soluzioni dedicate alla sicurezza informatica aumenta al crescere della dimensione aziendale, raggiungendo il 93% nelle medie imprese.

Restando proprio su queste ultime, circa la metà (44%) dispone di soluzioni tecnologiche ritenute sofisticate, quali sistemi di intrusion detection o di identity and access management. Nelle piccole imprese sono particolarmente diffusi strumenti di base quali antivirus e antispam, mentre le microimprese sono particolarmente sguarnite: il 30% di esse non adotta, infatti, alcun tipo di soluzione.

Restando sulle principali motivazioni di spesa delle PMI si rileva forte la richiesta di tutela dei dati dei clienti (45% del campione costituito da 947 realtà micro, piccole e medie), seguito dall’adeguamento alle normative (19%) e la necessità di difendersi dopo aver subito cyber attacchi (11%).

Come detto, all’aumentare della realtà aziendale, crescono gli investimenti e le soluzioni di information security. La quota prevalente (78%) di spesa specifica la detengono le grandi imprese.

Togliendo la quota dedicata all’adeguamento al GDPR, la spesa è ancora orientata principalmente alle componenti di sicurezza tradizionali, come la business continuity & disaster recovery (19%), la network security (14%) e security testing (9%). seguono le quote dedicate alle piattaforme di incident response (8%), ai sistemi di identity e access management (6%) e alle soluzioni di data leakage e data loss prevention (4%).

Diverso appare lo scenario se si vanno a osservare le prospettive di spesa per il futuro: le maggiori percentuali di incremento sono previste nel mobile e nel cloud computing, con il 63% delle imprese che dichiara un aumento della spesa dedicata alla protezione dei device mobili (che pesa circa il 4% sulla spesa attuale) e il 59% che definisce in crescita il budget relativo alla protezione degli ambienti di cloud computing (che attualmente copre il 3% della spesa). Seguono la security awareness & training (in crescita per il 56%) e la cyber insurance (indicata dal 52%, con una quota attuale di mercato del 2,5%).

Mercato della Information Security PoliMi

Crescono le competenze nelle grandi imprese…

Uno degli aspetti sottolineati durante il convegno di presentazione riguarda la necessità delle giuste competenze. Le aziende però, fa notare l’Osservatorio, si stanno attrezzando per potenziare i team dedicati alla gestione della sicurezza. Quattro grandi imprese su dieci (39%) prevedono un aumento in organico dei ruoli che gestiscono la cybersecurity e quasi la metà (49%) afferma che incrementerà il numero di figure preposte alla gestione della privacy.

Le nuove professioni in ambito securityQuali sono le figure emergenti? Certamente il Chief Information Security Officer (CISO), per il quale aumentano le responsabilità e le competenze richieste. Accanto, emergono altre figure con ruoli specialistici, come il Security Administrator, figura già prevista, inserita o comunque vagliata nel 76% del campione analizzato: esso si occupa di rendere operative le soluzioni tecnologiche di security; altre figura d’interesse crescente (per il 57% delle aziende campione) sono il Security Architect, cui è delegata la verifica delle soluzioni di security presenti in azienda, e il Security Engineer (56%), che monitora i sistemi e suggerisce modalità di risposta agli incidenti.

A stretta distanza nei desiderata aziendali c’è il Security Analyst (55%), che analizza le potenziali vulnerabilità di sistemi, reti e applicativi aziendali.

Un’altra figura che desta interesse è l’Ethical Hacker (39%): individua chi ha il compito di testare l’effettiva vulnerabilità dei sistemi aziendali. Nell’immaginario team di information security dovrebbe esserci anche il Security Developer (28%), specializzato nello sviluppo di soluzioni di security, e il Machine Learning Specialist (19%), che predispone e controlla strumenti di sicurezza in grado di trattare in tempo reale possibili minacce in modo automatico e cognitivo.

Passando poi all’ambito privacy, e che avrà un’importanza crescente data la prossima piena applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati, è il DPO – Data Protection Officer, il cui compito è facilitare il rispetto da parte delle organizzazioni delle disposizioni del GDPR. Complessivamente, il 28% del campione ha inserito in organico o collabora con un DPO: se nel 15% delle imprese la figura risulta formalizzata e nel 10% è una presenza informale, più della metà del campione (il 57%) afferma di avere intenzione di introdurre questa figura in azienda nel prossimo futuro.

… ma le PMI restano vulnerabili

Se si va ad analizzare lo scenario nelle PMI le cose cambiano radicalmente. Mentre nelle realtà medie il responsabile della information security è ricoperta da un vero e proprio responsabile IT, nelle realtà piccole e micro aziendale è il titolare stesso o il direttore generale a farne le veci. Ma quello che preoccupa è il fatto che in meno del 30% delle PMI sia presente la figura di un responsabile della sicurezza, mentre nel 15% non è prevista nessuna figura a presidio della information security.

12 tappe per il Tour di Italia Solare 2018

Dopo il successo dell’edizione 2017, l’edizione Tour di Italia Solare 2018 ha in programma 12 tappe su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di tracciare il nuovo sviluppo del fotovoltaico in Italia alla luce degli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale (Sen) e del Clean Energy Package della Commissione Europea.

“La transizione energetica verso un modello basato sulla generazione distribuita da fonti rinnovabili è inarrestabile, ma deve superare ancora molti ostacoli. I temi che tratteremo e dibatteremo insieme ai partecipanti nel Tour di Italia Solare 2018 rappresentano la ‘knowledge base’ per le nostre attività di promozione della tecnologia fotovoltaica presso le varie Istituzioni”, ha commentato Paolo Rocco Viscontini presidente di Italia Solare.

In occasione dei 12 appuntamenti (Lamezia Terme, Milano, Napoli, Modena, Padova, Firenze, Torino, Bari, Cagliari, Pescara, Rimini, Catania e il Forum a Roma) si parlerà di: nuovi modelli di business per il fotovoltaico, aggregatori, sistemi di distribuzione chiusi (SDC) e reti elettriche locali, contratti di lungo termine per la vendita dell’energia (PPA), comunità energetiche, soluzioni tecnologiche per la digitalizzazione delle reti, revamping e repowering, efficientamento degli impianti fotovoltaici, regole di mercato e normative attuali e attese.

Maggiori informazioni sul Tour Italia Solare 2018 a questo link.

ONdigital: pronti per l’energia del futuro?

A due anni dall’apertura di ElettricoMagazine nasce ONDigital, il nuovo canale di comunicazione del sito che racconta la trasformazione e l’evoluzione verso un nuovo paradigma energetico: un futuro più elettrico, più efficiente, più sostenibile attraverso un sistema dell’energia decentralizzato basato sulla digitalizzazione, sulla comunicazione e sulla connessione tra i diversi e dispositivi.

Fondamentale misurare e conoscere: l’Internet of Things è l’infrastruttura che consente di raccogliere i dati dai dispositivi interconnessi. Il futuro dell’energia, dell’edilizia, dei processi si basa proprio sull’infrastruttura IoT che permette il data analytics e la manutenzione predittiva.

Il nome: ONdigital vuole richiamare sicuramente la rivoluzione digitale che sta guidando la nostra società negli ultimi anni, ma si è voluto puntare anche sul termine “ON”. Essendo ElettricoMagazine un sito di estrazione “elettrica”, ON significa soprattutto acceso: ON compare su qualsiasi dispositivo elettrico ed elettronico, quindi accendiamo il digitale e facciamo luce su questo mondo che inevitabilmente sta cambiando e migliorando il modo di vivere delle persone e di intere città.

Un percorso, quello della digitalizzazione, che solo all’inizio: i passi da fare sono ancora molti, e proprio con ONdigital vogliamo percorrerla insieme a voi rendendovi partecipi di un’innovazione tecnologica e intelligente.
Sono indubbi i benefici e i vantaggi che le tecnologie smart possono portare, soprattutto se abbinate all’efficienza energetica, alla gestione e al controllo di tutte le variabili.

La misurabilità porta alla consapevolezza e la consapevolezza porta all’efficienza, al risparmio e alla sostenibilità.

Un circolo virtuoso che con ONDigital vogliamo affrontare attraverso approfondimenti, interviste, report e casi pratici: comunicare per noi significa soprattutto informare, fare cultura, e questo nuovo canale vuole essere la base di partenza per far crescere i professionisti di oggi e di domani.

Diverse le anime che compongono ONdigital, un vero e proprio hub dedicato all’Internet of Things, alla trasformazione digitale delle reti, senza dimenticare che sono necessarie competenze per competere in un settore dove l’energia deve diventare più sicura e affidabile, più efficiente, sostenibile e connessa.

L’esperto: risponde Impianti a Livelli

impianti a livelliTermoregolazione evoluta e Smart Metering

Risponde Impianti a Livelli (Associazione Componenti e Sistemi per Impianti CSI)

 

Ecobonus 2018 per gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento centralizzato: in cosa consiste la termoregolazione evoluta?

Il bonus fiscale passa dal 50% al 65% se si installa la termoregolazione “evoluta” secondo la comunicazione della Commissione 2014/C 207/02. In questo documento sono descritti alcuni livelli di automazione che sono più avanzati rispetto alla classica temperatura scorrevole o climatica già obbligatoria dalla Legge 373 del 1976.

La climatica classica richiede solo la misura della temperatura esterna per regolare la temperatura del fluido termovettore che va a compensare le perdite di energia dell’edificio. Dopo quasi 40 anni, si è capita l’utilità della rilevazione non solo della temperatura esterna per la termoregolazione, ma anche della temperatura dell’ambiente o degli ambienti da climatizzare. Tramite questa misura aggiuntiva è possibile ottimizzare la funzione climatica classica realizzando la funzione chiamata autorità ambiente, da anni presente nei migliori regolatori di centrale termica sul mercato. Peraltro, tale funzione è già prevista qualora si voglia raggiungere il Livello Domotico dell’impianto elettrico, per il quale l’installatore è in grado di fornire tutte le informazioni necessarie.

Come lo Smart Meter del calore aiuta il cittadino?

I nuovi contatori Smart sono progettati per essere più precisi e avere una intelligenza a bordo capace di immagazzinare i dati di uso che l’utente fa dell’energia. Inoltre sono in grado di trasmettere periodicamente questi dati sia al fornitore di energia, sia all’utenza finale. È fondamentale che ognuno di noi possa avere i dati del proprio consumo con continuità. Questi dati possono essere elaborati per funzioni di supporto all’utente.

Per esempio ci sono sistemi oggi in grado di avvertire l’utente di un consumo anomalo del riscaldamento o di acqua calda o fredda del suo appartamento. Siamo già in grado di rilevare perdite di acqua anche minime solo elaborando i dati di consumo, senza sensori appositi e con grande anticipo. Per esempio, se non c’è consumo di acqua fredda ma solo di quella calda, in genere si tratta di una perdita non solo di acqua ma anche di calore. Se il consumo di acqua fredda non è mai nullo, ci deve essere una perdita in qualche punto della casa. I dati di uso del riscaldamento rappresentano una sorta di rilevatore di presenza, anonima e spesso già presente, a differenza delle telecamere o sensori di presenza dedicati.

Possiamo usare l’intelligenza artificiale in abbinamento allo smart metering per far notare a un utente che ha dimenticato acceso anche solo un termosifone. L’utente potrebbe essere avvertito molto prima di pagare una bolletta spropositata a mesi di distanza. Le applicazioni sono infinite, non solo in campo energetico ma anche in altri campi. Per esempio le assicurazioni potrebbero utilizzare queste informazioni, opportunamente elaborate, per fare offerte adattate alla singola utenza. Se aggiungiamo agli smart meter gli altri oggetti smart (IoT) e le nuove tecnologie come la blockchain e l’intelligenza artificiale, le applicazioni sono limitate solo dalla nostra immaginazione. Lo Smart Metering (energia elettrica, calore, acqua e gas) è uno degli elementi fondamentali nell’ecosistema dei servizi avanzati che stanno per cambiare la nostra vita come già lo hanno fatto i telefonini.

Nota bene: La rubrica fornisce solo indicazioni informative di carattere generale e le risposte non sono sostitutive di pareri resi da professionisti a clienti.

Industrial Internet of Things: dalla teoria alla pratica (vincente) in 4 step

La vera e propria esplosione, negli ultimi anni, di una cultura tecnologica legata al concetto di Internet of Things sembra aver raggiunto anche il mondo industriale, che più di altri settori può beneficiare, in ottimizzazione dei processi e aumento dei profitti, di questa connessione intelligente di “oggetti” in rete ribattezzata Industrial Internet of Things (IIoT).

Un mercato destinato, nei prossimi 3-5 anni, a toccare quote multimiliardarie, supportato dalla rapidità dei progressi tecnologici e dall’avvento di piattaforme in grado di collegare un numero sempre maggiore di dispositivi a servizi cloud più corposi. Molti operatori hanno già adottato dispositivi intelligenti nelle proprie filiere produttive per raccogliere dati, analizzarli e intervenire in tempo reale, perfezionando i processi produttivi, ma la trasformazione innescata dall’IIoT – con le correlate opportunità di business per le aziende della filiera – è ancora agli inizi.

Roland Berger Focus: Mastering the Industrial Internet of Things (IIoT)

“Come Internet ha trasformato l’interazione tra le persone, le soluzioni IIoT stanno cambiando sia le relazioni uomo-macchina sia le modalità di interazione tra le macchine stesse” leggiamo nelle prime pagine dello studio “Mastering the Industrial Internet of Things (IIoT)” pubblicato dalla nota società di consulenza Roland Berger.

Questa fase di fermento tecnologico, che richiede cambiamenti nella mentalità e nelle strategie imprenditoriali, risulta essere fonte di incertezza per chi opera nel design di prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico. Tra le principali difficoltà, troviamo infatti il capire come e dove posizionarsi all’interno di questo nuovo paradigma. Quale sarà il suo impatto sul business tradizionale? Come dovrebbe essere il nuovo modello aziendale? E’ meglio sviluppare la propria piattaforma IIoT o sceglierne una esistente? Come trarre valore aggiunto dai nuovi servizi digitali? E soprattutto cosa tenere a mente quando si intraprende questo impegnativo viaggio?

A queste domande, tutt’altro che scontate, Roland Berger prova a rispondere con una visione strutturata delle modalità di diffusione e dell’impatto che l’Industrial Internet of Things potrebbe avere sull’economia globale.

4 step per proporre con successo soluzioni Industrial Internet of Things

Prima di suggerire una strategia di approccio al mercato, gli analisti di Roland Berger identificano cinque “strati” di aziende ugualmente coinvolte nel viaggio verso le soluzioni IIoT: i fornitori di servizi cloud, gli operatori che offrono piattaforme cloud industriali (sul mercato già troviamo alcune soluzioni leader), i provider di applicazioni e software per l’industria, gli OEM (Original Equipment Manufacturers) o altre realtà che consentono la connessione delle apparecchiature al cloud e, infine, gli utenti finali che utilizzano tali applicazioni a valore aggiunto per sviluppare il proprio business.

Ad alimentare la filiera IIoT troviamo infatti le imprese che sfruttano servizi basati su cloud e nuovi modelli digitali per aumentare l’efficienza di macchinari, linee di produzione, raccolta e analisi dei dati, attività di logistica e molto altro.

Una proposta metodologica per ottenere i risultati sperati, senza “affondare” nel dinamismo di questo mercato in evoluzione, è riassunta nell’approccio a 4 step:

  1. Definire il tuo ruolo: una posizione di partenza e un modello aziendale attentamente definiti sono alla base ogni futura decisione. Per l’industria tradizionale, può essere difficile pensare a un portfolio in ottica IIoT, serve quindi analizzare il proprio know-how, concentrarsi su quanto già consolidato e avvalersi di partner validi per ottenere le competenze mancanti.
  2. Definire la tua offerta: le aziende hanno due opzioni: impegnarsi nell’aumentare il vantaggio competitivo dei propri prodotti o servizi adottando soluzioni IIoT, oppure vendere i servizi digitali sviluppati (es. manutenzione predittiva). In alternativa, si possono progettare servizi digitali per un utilizzo di massa, creando così un nuovo flusso di entrate.
  3. Scegliere la piattaforma: creare una piattaforma IIoT proprietaria o implementarne una di terze parti? La decisione dipenderà dalla proposta di chi più si avvicina alle necessità dell’azienda e dalla possibilità di monetizzare nella propria offerta un tale investimento. In generale, più grandi sono la piattaforma e la sua portata, maggiori risultano le economie di scala e più preziosa è la soluzione per un’azienda. Roland Berger prevede, nei prossimi anni, la concentrazione nei diversi settori verticali un numero limitato di piattaforme “leader” di mercato.
  4. Identificare il valore aggiunto: altrimenti detto, in che modo l’IIoT può essere utile a te e alla tua azienda? Si possono adottare modelli completamente nuovi, grazie all’ampia gamma di servizi digitali dal rilevante impatto sulla produzione industriale: manutenzione predittiva, monitoraggio degli asset dei fornitori, integrazione e ottimizzazione della supply chain, ottimizzazione di prodotti e sistemi. La loro facile integrazione nelle soluzioni cloud-based e le ultime frontiere dell’analisi dei dati, rappresentano una nuova leva per l’efficienza.

Il successo di alcune piattaforme per il mondo industriale testimonia la necessità di reagire in tempi rapidi al cambiamento, adattando la propria offerta secondo precisi obiettivi, nati anche dall’esplorazione di nuovi potenziali target

Nell’IIoT vince chi è rapido

Conclude lo studio un’interessante analisi sul comportamento delle aziende già coinvolte in questo percorso di trasformazione del proprio modello di business, che evidenzia alcuni fattori chiave per plasmare con successo un’offerta dedicata all’Industrial Internet of Things.

Primo fra tutti, la rapidità di “reazione” al cambiamento, ovvero dare priorità elevata a tali questioni nell’organizzazione aziendale. Si potrebbero per esempio creare apposite business unit che facciano direttamente riferimento al Ceo, mentre risulta fondamentale privilegiare i talenti rispetto ai luoghi, creando team di sviluppo dove si localizzino potenziali “hotspot” IIoT, indipendentemente dalla sede geografica della società. Una seconda mossa vincente è quella di espandere il target della propria offerta di prodotti, servizi o piattaforme, per raggiungere più segmenti di mercato e stimolare la domanda di nuove soluzioni.

L’ultima chiave del successo consiste secondo Roland Berger nel fare leva sui clienti già fidelizzati, comunicando loro in anteprima le novità strategiche e coinvolgendoli nel processo di trasformazione dei servizi in ottica Industrial Internet of Things.

Soluzioni innovative per combattere la povertà energetica

Sono quattro gli innovatori sociali italiani vincitori nel programma “Social Innovation to Tackle Fuel Poverty” promosso da Fondazione Schneider Electric e Ashoka, in partnership con Enel.

Offrire soluzioni creative e capaci di cambiare il gioco nella lotta alla povertà energetica e promuovere la sostenibilità energetica in Europa sono gli obiettivi del programma.

La povertà energetica è un grave problema anche in Europa, dove decine di milioni di persone hanno difficoltà nel procurarsi l’energia necessaria per il riscaldamento, l’illuminazione, per cuocere i cibi in modo adeguato, a un costo accessibile.

A metà giugno 2016 è stata lanciata una nuova Call for Project per scegliere le 15 organizzazioni più innovative: tra le 40 candidature pervenute, i 15 vincitori – provenienti dall’Italia, dalla Germania, dalla Grecia, dal Portogallo e dalla Spagna – si sono impegnati al 100% per combattere la povertà energetica e promuovere la sostenibilità nei loro paesi e in tutta Europa.

Ora comincerà un percorso di consulenza intensivo di circa 300 ore, che li aiuterà a creare una strategia efficace per ampliare la scala dell’impatto dei loro progetti.
A fine di aprile 2018, in un summit europeo, i vincitori presenteranno il progetto e la loro strategia di crescita.

I 4 gli innovatori sociali italiani vincitori

Marina Varvesi, Project Manager di Assist per Aisfor, azienda che lavora nel settore green focalizzandosi su ambiente, agricoltura ed energia. È una dei partner che guida il progetto europeo H2020 Assist – che si pone l’obiettivo di combattere la povertà energetica creando una figura professionale (il Vulnerable Consumer Energy Advisor) in grado di offrire supporto alle persone a rischio di povertà energetica.

Alberto Gastaldo, CEO di Energia Positiva – una cooperativa che permette ai cittadini di diventare prosumer (produttori e consumatori di differenti sistemi di produzione di energie (fotovoltaico, eolic …) riducendo, in questo modo, i costi per soddisfare i loro bisogni di energia. L’obiettivo è facilitare un cambiamento culturale nei consumatori per adottare comportamenti sostenibili e percorrere la strada della transizione verso le energie rinnovabili in Italia.

Giulia Detomati, CEO di InVento Innovation Lab – un’impresa sociale registrata come B-Corp che offre formazione blended ed esperienziale ai giovani che frequentano le scuole superiori sui temi dell’imprenditorialità, della sostenibilità ambientale e della povertà energetica, con l’obiettivo di aiutarli a creare start-up “green”.

Fabio Gerosa, Presidente di Fratello Sole – non profit dedicata al risparmio energetico, che offre alle organizzazioni senza scopo di lucro audit energetici indipendenti e investimenti finanziari per trasformare gli edifici in edifici ad alta efficienza energetica, che consumino meno e quindi riducano l’impatto negative sull’ambiente.

Autoconsumo residenziale: formazione Fronius e Solarwatt

A seguito della partnership avviata anche in Italia fra Fronius e Solarwatt, iniziano le attività congiunte fra le due aziende, con focus sulla formazione relativa all’autoconsumo residenziale.

Presso la sede di Fronius Italia l’8 febbraio si svolgerà il primo corso di formazione – di una giornata – dedicato sulle soluzioni di accumulo monofase e trifase.

Per la parte del corso di accumulo monofase (di 4 ore) è incentrato sulle batterie My Reserve Matrix di Solarwatt evidenziandone il funzionamento, i componenti, le tipologie di installazione e le regole sul trasporto delle batterie agli ioni di litio.

Il pomeriggio è dedicato alla soluzione di accumulo trifase di Fronius, con un’ampia parte tecnica pratica per garantire la corretta installazione del pacchetto comprensivo di inverter, batteria e Smart Meter.

Per la prima parte del corso verrà rilasciato da Solarwatt una certificazione che abilita gli installatori all’installazione delle proprie batterie.

Per supportare al meglio gli installatori e i professionisti, verranno successivamente proposte altre date di formazione.

Maggiori informazioni sul corso dedicato all’autoconsumo residenziale a questo link.

Callme, Urmet dà nuova vita ai vecchi impianti citofonici

Callme è un dispositivo sviluppato da Urmet che consente di effettuare l’inoltro chiamata e la gestione accessi da remoto attraverso un comune impianto videocitofonico.

Oggi, grazie a una versione rinnovata e migliorata, Callme è compatibile anche con citofoni o videocitofoni Urmet di vecchia generazione.
Ciò significa che tutti i sistemi di audio o videocitofonia, analogici o digitali, potranno essere comandati con facilità attraverso una app per smartphone Android o Apple.

Callme, la comodità di rispondere sempre e ovunque

Callme smartphoneCallme permette ad esempio di vedere attraverso lo schermo del proprio smartphone o tablet chi ha suonato al videocitofono di casa, indipendentemente dal fatto di trovarsi in ufficio, in giardino, in vacanza o persino all’altro capo del mondo. Non solo: si può interagire proprio come se si fosse di fronte al classico display di casa, quindi parlare con l’interlocutore, aprire il portone ecc.

È sufficiente associare il dispositivo installato nel videocitofono alla App gratuita Urmet CallMe (è possibile gestire un singolo punto audio e video da 4 dispositivi diversi), ciascuno dei quali, a sua volta, può gestire più dispositivi CallMe.

Urmet ha pensato anche ad alcune opzioni, adatte per gli utenti più esigenti, che permettono di personalizzare la App, come la possibilità di scegliere di ricevere chiamate solo quando si è collegati a una rete WiFi (senza quindi consumare il proprio traffico dati).

Pratico e veloce da installare

Urmet conosce le esigenze degli installatori e punta a garantire la massima semplicità e velocità anche nell’installazione. Il kit di appoggio e le dimensioni estremamente contenute consentono di inserire CallMe direttamente su quadro elettrico o a parete, senza necessità di interventi murari. È pensato anche per l’installazione su impianti condominiali e in maniera indipendente tra appartamento e appartamento: il montaggio avviene direttamente nella singola abitazione, senza richiedere interventi sulla colonna comune, consentendo così a ogni inquilino di scegliere autonomamente se installare il dispositivo oppure no.

Sul lato tecnico, Callme offre una porta RJ45, per una connessione filare come alternativa al WiFi, e un cavo di alimentazione aggiuntivo necessario solo per gli impianti digitali 2Voice e analogici con più di 12 dispositivi videocitofonici.
Infine, per chi desidera abbandonare il vecchio impianto e passare a un sistema videocitofonico di ultima generazione, Urmet mette a disposizione una vasta gamma di soluzioni tra cui scegliere che, come indicato dall’apposito bollino “CallMe Ready”, sono già predisposte per essere implementate con la funzione di rinvio di chiamata.

I vantaggi dei sistemi ibridi per riscaldamento e raffrescamento

Spesso si sente parlare di sistemi ibridi che garantiscono efficienza energetica, comfort, risparmio energetico ed eco-compatibilità. Ma quali sono i vantaggi di un sistema di riscaldamento e raffreddamento ibrido?

Maggiore comfort: a differenza dei generatori di aria calda con bruciatore, la pompa di calore fornisce un flusso costante di aria calda durante il freddo. L’aria è meno soffocante e molto più confortevole. Durante il raffrescamento dell’aria interna, le pompe di calore forniscono anche un buon livello di raffreddamento a differenza di molti condizionatori d’aria tradizionali.

Alto risparmio energetico: rispetto ai sistemi tradizionali, i sistemi di riscaldamento e raffreddamento ibrido possono risparmiare dal 30 al 50 % in spese di combustibile. In più, le pompe di calore sono più economiche perché funzionano in un range di temperature moderate rispetto ai bruciatori tradizionali.

Riduzione delle emissioni di CO2: utilizzando meno combustibili fossili per climatizzare l’abitazione, i sistemi ibridi fanno si che il consumatore diventi eco-cosciente, rivolto quindi ad un uso eco-compatibile delle risorse.

Ma il motivo principale che porta i proprietari di un’abitazione a considerare un sistema ibrido di condizionamento è quello di godere di una sostanziale riduzione delle bollette senza subire un impatto negativo sul comfort.

Anche nei mesi più freddi, una pompa di calore può utilizzare il calore prelevato direttamente dall’aria dell’ambiente per mantenere la casa sufficientemente calda. Tuttavia, quando la pompa di calore non riesce a trovare abbastanza calore ambientale nell’aria, il sistema passa in automatico al gas naturale. Questa transizione si verifica appunto automaticamente scegliendo opportunamente, in fase di installazione, il punto di commutazione.

In primavera ed in estate, il sistema invece pompa calore all’esterno per raffreddare la casa. Se la pompa di calore non è da sola sufficiente per raffreddare la casa, si attiva la ventola a velocità variabile che sposta l’aria garantendo così il raffrescamento degli ambienti.

I sistemi ibridi di condizionamento possono quindi massimizzare il comfort all’interno dell’abitazione, minimizzando il costo delle bollette.

Tuttavia, la progettazione di un sistema ibrido necessita di una buona accuratezza, in quanto la sensazione di comfort è fortemente soggettiva. Pertanto, il sistema ibrido deve essere progettato opportunamente per massimizzare il comfort complessivo degli occupanti.

Lo svantaggio principale dei sistemi ibridi di riscaldamento e raffreddamento è il costo potenzialmente più elevato delle installazioni iniziali.

I proprietari devono essere consapevoli che, a fronte di una spesa elevata per la prima installazione, ne scaturisce un risparmio a lungo termine (da non sottovalutare che l’intervento può usufruire delle detrazioni fiscali 2018) che farà sicuramente la differenza sul bilancio.

Articolo redatto per ElettricoMagazine da Ing Pietro Artuso – Energy Manager