L’edilizia green e innovativa si racconta in 100 storie

L’edilizia può risollevarsi dalla crisi che l’affligge, e che ha lasciato sul campo 600mila posti di lavoro in dieci anni, soltanto puntando su innovazione e sostenibilità. C’è chi la chiama Nuova Edilizia, termine che incorpora aspetti cruciali quali efficienza energetica, sicurezza antisismica, economia circolare, riqualificazione energetica e rigenerazione urbana. E che ha in Italia una cifra stilistica chiara, supportata da molti esempi.

Con l’intento di mettere in luce questi esempi di edilizia green made in Italy Fondazione Symbola e Fassa Bortolo hanno presentato ieri il rapporto “100 Italian Stories for future Building”.

L’edilizia che funziona, tra ristrutturazioni e riqualificazioni

Questo documento, realizzato in collaborazione con la Triennale di Milano e MadeExpo, si presenta sotto forma di un racconto di 100 realtà della filiera edilizia “che, mediante l’innovazione, sfidano il futuro”, hanno spiegato gli autori.

Ma prima di addentrarci nel percorso descrittivo, occorre mettere in evidenza alcuni dei numeri forniti nell’occasione e che fanno capire come l’edilizia possa essere un motore pulsante dell’economia nazionale partendo da alcuni aspetti. Tra questi un posto di rilievo spetta agli interventi per la riqualificazione energetica e per le ristrutturazioni. Quest’ultima voce e gli incentivi ad essa legati hanno generato più di 28 miliardi di euro di investimenti e dato lavoro a più di 418mila persone. Le cose vanno ancora meglio se si considera l’intero comparto del recupero edilizio, che comprende interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Su un valore totale della produzione nelle costruzioni di 167,1 miliardi di euro, esso ne vale 124 miliardi, pari al 74,2%.

Green building e ristrutturazioni valgono 20 miliardi

Il potenziale creato dal risanamento edilizio è enorme: si stima che se tutte le abitazioni fossero oggetto di riqualificazione, il valore del patrimonio edilizio residenziale in offerta sul mercato sarebbe rivalutato di 20 miliardi di euro. Ricorda Symbola a proposito che puntare a migliorare materiali e prestazioni risulta indispensabile per ottimizzare gli interventi, così come agire sulla formazione degli operatori sui temi del green building. Scrive a proposito:

“In futuro, infatti, più che consumare energia, i nostri edifici la produrranno, rendendosi attivi e autosufficienti. Le imprese lo hanno capito: tra 2014 e 2017 le aziende del settore costruzioni che hanno investito in prodotti e tecnologie green sono state oltre 34.000, il 20,8% del totale delle imprese. L’Italia è l’unico, fra i big europei, ad aver aumentato tra il 2012 e il 2016 il numero di richieste di marchio UE nel settore “materiali da costruzione” con un +7,3%; contro -13,4% della Germania e -37,7% della Francia”.

Le buone pratiche di edilizia green sono la strada per la riqualificazione e rigenerazione urbana

100 storie di edilizia green, NZEB e 4.0

Questa guida propedeutica mette in luce una filiera virtuosa dell’edilizia: racconta storie ed esempi di realtà piccole, medie e grandi, da Nord a Sud Italia. Si parte dalla A di Aakhon, azienda di Paderno Dugnano (Milano), specializzata nella progettazione, prototipazione e produzione di prodotti tecnologicamente avanzati per l’edilizia, ideatrice di E-Home, un sistema industrializzato per realizzare abitazioni a costi accessibili contraddistinti dal nome Edilizia 0.0: zero energia, zero emissioni, zero scarti e inefficienze. Si arriva alla W di Wood Beton, prestigiosa realtà bresciana di grandi costruzioni in legno.

Ci sono nomi conosciuti nel mondo come lo studio torinese di architettura Carlo Ratti Associati; nella stessa città ha sede la startup Enerpaper, nata all’interno dell’incubatore del Politecnico di Torino I3P, ideatrice di un un isolante termo-acustico a base di cellulosa da carta riciclata, in piena filosofia circular economy.

Dal Nord al Centro Italia si arriva alla Spring Color, produttrice di vernici, e alla sua storia pluriennale che racconta di materiali naturali e di una coraggiosa riconversione. Partendo da antiche ricette, l’azienda ha combinato il sapere degli artigiani con le tecnologie più moderne, creando prodotti che utilizzano calce e latte, uova, oli e distillati di scorze di agrumi come solvente, per garantire elasticità, traspirabilità e resistenza nel tempo.

In questo percorso si raggiunge Pomezia (Roma), dove ha sede la Tecno K Giunti, specializzata in giunti di dilatazione e sistemi tagliafuoco. Questa realtà, memore dei tanti eventi sismici che hanno colpito l’Italia, ha progettato K3D, sistema di giunti strutturali di grandi dimensioni che, montati a pavimento in edifici sismicamente isolati, sono in grado di compensare e attutire movimenti delle strutture.

E ancora più a Sud, in Calabria, vale la pena di segnalare Personal Factory, azienda di Simbario (Vibo Valentia) ideatrice di Personal Factory, una macchina in grado di miscelare e confezionare prodotti chimici ovunque ci si trovi, con grandi benefici economici e logistici.

Piano Energia e Clima: punto di partenza per lo sviluppo

Gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 rappresentano una grande sfida in cui il settore energia è pronto a dare il proprio fondamentale contributo di capacità di investimento ed innovazione. Proprio per questo, commenta Simone Mori, Presidente di Elettricità Futura “la proposta di Piano Energia e Clima è un importante punto di partenza che consentirà al sistema delle imprese di costruire i propri piani di sviluppo in un quadro di riferimento di medio termine chiaro e ben definito”.

Il target di fonti rinnovabili elettriche proposto dal Governo, che sostanzialmente conferma quello della Strategia Energetica Nazionale (SEN), è ragionevolmente ambizioso: il fotovoltaico e l’eolico giocheranno un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questo traguardo.

Il Piano prevede di utilizzare per il fotovoltaico in via prioritaria le superfici su aree edificate, ma prende atto del fatto che saranno necessarie anche superfici agricole a oggi improduttive o inutilizzate. Inoltre, fondamentali sono gli interventi di revamping e repowering che consentiranno di incrementare la produzione green, minimizzando costi e uso del territorio.

Andrebbe rafforzato” invece il ruolo di altre fonti, quali l’idroelettrico, in particolare di piccola taglia, le bioenergie o la geotermia, nell’ottica di garantire la disponibilità di un mix energetico inclusivo ed equilibrato. Nel settore della mobilità, Elettricità Futura accoglie con grande favore la previsione al 2030 di un parco di veicoli elettrici pari a 6 milioni di unità, 1 milione in più rispetto a quanto prospettato dalla SEN.

“Per quanto riguarda gli strumenti di mercato condividiamo l’esigenza di confermare l’introduzione del capacity market, sia pure modificato con l’anticipazione dei limiti emissivi previsti dal market design EU. Elettricità Futura è ovviamente pronta a fornire il proprio contributo nella fase di consultazione – conclude il Presidente Mori – portando la voce della filiera del settore elettrico italiano, per sostenere il processo di transizione energetica e consentire così al nostro Paese di mantenere la posizione di leadership nell’ambito delle sfide ambientali e tecnologiche”.

Pompe di calore, la motocondensante ora è anche bella da vedere

Le pompe di calore aria-acqua monoblocco Støne, realizzate da Innova con design di Luca Papini, ribaltano il concept di motocondensante esterna sia sul fronte tecnico, sia su quello estetico.

Motodondensante a incassoAd oggi la scelta di installare pompe di calore è confinata soprattutto a villette, case indipendenti e laddove sia disponibile un ampio spazio esterno, poiché la classica motocondensante, esteticamente non eccezionale, risulta ingombrante e necessita di distacco dal muro per una corretta aerazione.
Innova ha invece pensato al mercato delle ristrutturazioni, che interessano principalmente i condomini, e ha trovato una soluzione innovativa proprio per l’installazione delle pompe di calore in contesti con poco spazio o dove è importante mantenere una immagine di alto livello estetico.

Støne consente a progettisti e installatori di applicare la pompa di calore in quei contesti dove la tecnologia attuale non fornisce una risposta convincente, il tutto ovviamente mantenendo le caratteristiche di funzionamento in bassa temperatura e di risparmio energetico. Støne può infatti essere incassata all’esterno, combinando quindi design, tecnologia, prestazioni, flessibilità e facilità di uso e installazione.

Il layout del prodotto è diverso da quanto proposto finora sul mercato: il condizionatore è composto da uno scambiatore di grande superficie con forma a V rovesciata dove è distribuita l’aria su appositi captatori: una disposizione che consente la riduzione della profondità della motocondensante a soli 34 cm.
Oltre a flessibilità di utilizzo, integrazione e modularità, un’altra caratteristica chiave di Støne è la silenziosità di funzionamento grazie all’efficiente ventilatore assoradiale. L’aria viene prelevata dalla parte anteriore della macchina e viene mandata all’esterno dalla parte superiore: ciò significa che può essere installata in modo adiacente al muro, oltre che essere incassata.

Le macchine, che godono quindi di versatilità di posizionamento, si possono installare anche in modalità schiena-schiena, andando a creare una serie di macchine esterne con moduli integrabili, prestazioni elevate e alte potenze.

Mobilità sostenibile: le misure per incentivarla nella Legge di Bilancio

Nella Legge di Bilancio 2019 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 31 dicembre 2018 sono presenti alcune misure che hanno l’obiettivo di favorire la mobilità sostenibile attraverso infrastrutture necessarie, modelli alternativi per il settore dei trasporti e della viabilità e ovviamente nuove immatricolazioni di veicoli.

Infatti, tra le misure per la mobilità sostenibile troviamo il potenziamento del trasporto pubblico, la progettazione di autostrade ciclabili, la detrazione al 50% per l’installazione di colonnine di ricarica per auto elettriche, bonus/malus ecologico per l’acquisto di nuovi veicoli.

Incentivi per l’acquisto di auto elettriche

La Manovra 2019 introduce – in via sperimentale – alcuni incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici ed ibridi. Nel triennio 2019-2021 è previsto un contributo da 6000 a 4000 euro in caso di rottamazione della vecchia macchina per chi acquista una nuova auto elettrica o ibrida plug in. Senza rottamazione l’incentivo va da un massimo da 4000 a un minimo di 1500 euro a seconda della fascia di emissioni di CO2 (1.500 euro in caso di emissioni comprese tra 21 e 70 g/KM – 4.000 euro se comprese tra 0 e 20 g/KM).
Sono ammesse all’incentivo solo le macchine che non costino più di 50.000 euro.

Disincentivi per l’acquisto di auto inquinanti

Per lo stesso triennio, la Legge di bilancio 2019 affianca agli incentivi per le auto elettriche, una serie disincentivi per l’acquisto di veicoli inquinanti.
Anche in questo caso il valore è calcolato in base alle emissioni di CO2, da un minimo di 1100 euro, per le macchine con emissioni tra 161 e 175 g/km, a un massimo di 2.500 euro, per le emissioni superiori ai 250 g/km.
L’imposta non si applica ai veicoli per uso speciale come ad esempio camper, veicoli blindati, ambulanze, veicoli con accesso per sedia a rotelle, rimorchi per trasporto…

Bonus 50% per l’installazione di colonnine di ricarica auto elettriche

Fra le novità introdotte la detrazione del 50% per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica per i veicoli alimentati a energia elettrica dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021. La detrazione si applica anche alle spese documentate per l’acquisto e la posa in opera di colonnine di ricarica elettrica sulle parti comuni degli edifici condominiali.
Devono essere dotate di uno o più punti di ricarica di potenza standard non accessibili al pubblico.
La detrazione viene ripartita in dieci quote annuali di pari importo, ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 3.000 euro.

Autostrade ciclabili e potenziamento dei trasporti pubblici

Sempre per favorire lo sviluppo della mobilità sostenibile, la Manovra 2019 prevede l’istituzione di un fondo di 2 milioni di euro per l’anno 2019 per la progettazione di autostrade ciclabili.

A questo si aggiungono finanziamenti per il potenziamento e la manutenzione straordinaria delle linee metropolitane di Roma e Milano e per il miglioramento delle connessioni ferroviarie in varie regioni italiane.

Inoltre, a sostegno della diffusione della micromobilità elettrica nelle città è autorizzata la sperimentazione della circolazione su strada di veicoli per la mobilità personale come segway e monopattini.

Modello UK: meno elettricità, più efficienza e rinnovabili

Il singolo più di moda nel Regno Unito non è più “Anarchy in the UK”, ma efficienza energetica e fonti rinnovabili. Grazie a questi due fattori la produzione di elettricità nel 2018 è scesa al livello più basso dal 1994.

Sempre lo scorso anno la produzione di energia da fonti rinnovabili ha toccato il suo record, generando il 33% del totale UK. Lo fa notare un’analisi di Carbon Brief basata su fonti istituzionali e autorevoli, segnalando anche come l’unione con altre fonti a basse emissioni e col nucleare – in declino – abbia contribuito al 201% della generazione del Paese. Al record si contrappone il minimo storico delle fonti fossili.

Meno elettricità prodotta e da fonti più pulite hanno permesso di contare su una riduzione di emissioni climalteranti, malgrado si sia assistito alla crescita economica e demografica.

Efficienza energetica protagonista

Nel Regno Unito sono stati generati 335 TWh di elettricità nel 2018, tanti quanti quelli prodotti nel 1994, con un calo del 16% rispetto al 2005.
L’analisi sottolinea che “se la produzione di elettricità pro-capite fosse rimasta ai livelli del 2005, il totale del Regno Unito nel 2018 avrebbe raggiunto 439 TWh. Ciò significa che il Regno Unito ha risparmiato 103 TWh”.

Tutto questo rompe un po’ gli schemi tradizionali che vedono associata crescita economica e della popolazione al maggiore fabbisogno energetico. Non è così: l’economia ha continuato a crescere anche quando la produzione elettrica si è stabilizzata ed è addirittura calata.

Non si sono comprese pienamente le motivazioni di questo disaccoppiamento. È certo che vi siano diversi fattori che hanno contribuito a questo calo di produzione e della domanda e tra queste figura l’efficienza energetica, attraverso l’adozione di norme specifiche, mediante l’impiego di elettrodomestici e di fonti d’illuminazione a risparmio energetico e anche una maggiore attenzione dei consumatori all’ambiente oltre alla delocalizzazione di industrie ad alta intensità energetica.

Rinnovabili alle stelle, fossili in declino

Accanto alla maggiore consapevolezza ed efficienza energetica hanno pesato anche in questo modello virtuoso anche il passaggio della produzione energetica verso fonti più pulite. L’anno scorso le risorse a basse emissioni di carbonio hanno rappresentato il 53% del totale.

L’eolico ha registrato una crescita notevole: rispetto al 2017 è cresciuto del 16,4%, arrivando a 58 TWh: un incremento sostanziale anche rispetto solo a cinque anni prima quando erano 28 TWh. La produzione di energia dal vento oggi è più che tripla rispetto al carbone. Le biomasse hanno prodotto 36 TWh (+12,5% rispetto al 2017) e anche l’energia solare ha fornito un contributo: nel 2018 è arrivata a 13 TWh, segnando un +10,9% rispetto all’anno precedente.

A questa crescita delle fonti rinnovabili si è assistito a un calo drastico delle fossili: segnala sempre l’analisi di Carbon Brief, che la quota combinata della produzione elettrica dai combustibili fossili è scesa al 46% lo scorso anno, “il livello più basso di sempre”. Un decremento dovuto principalmente a un ulteriore calo del 25% del carbone. Anche la produzione di gas è calata, seppure più lievemente (-4%), ma rimane con i suoi 132 TWh la principale fonte di produzione elettrica nel Regno Unito.

Tuttavia, le previsioni mettono in dubbio il primato futuro: infatti, si stima che il gas venga superato dalle energie rinnovabili nei primi anni del 2020 e che entro il 2030 non dovrà contribuire più del 25% al mix elettrico totale se il Paese intende centrare i propri obiettivi climatici vincolanti.
Anche il nucleare è una… specie in via di estinzione: in calo del 7% nel 2018 a 65 TWh è dato ormai ai titoli di coda. Tranne una, tutte le altre centrali nazionali saranno chiuse entro il 2025.

Gli italiani scelgono l’allarme connesso

Verisure, in collaborazione con l’Istituto di ricerca Sondea, ha realizzato una indagine sulla tipologia di allarmi utilizzati per la protezione delle abitazioni e dei beni degli italiani.
L’indagine ha coinvolto un campione di più di 2500 italiani tra i 30 e i 65 anni, e ha rilevato che la maggioranza degli italiani sceglie gli allarmi connessi. Tra questi, il 60% sono collegati a una centrale operativa presidiata da Guardie Giurate.
Lo studio ha rivelato inoltre che gli italiani considerano i sistemi di allarme come la misura di sicurezza più efficiente ed efficace per la protezione della propria casa e della propria attività di business.
Gli allarmi si trovano fondamentalmente su porte blindate, grate e finestre, includono le videocamere e sono presenti nel 35% delle case e nel 26% delle attività commerciali.
Sondaggio allarme VerisureIl 67% degli italiani che utilizza un sistema di sicurezza, inoltre, sceglie allarmi connessi o smart.

Diverse le risposte alla domanda “quale tipo di sistema di allarme hai installato?”.
Il 42% del campione ha risposto “un sistema di allarme connesso a una centrale operativa e a una App”. Quasi metà degli italiani che sceglie un antifurto lo predilige collegato a una centrale operativa che monitora il sistema 24/7, inclusa la possibilità di controllare il tutto anche dal proprio smartphone.

Un dato che dimostra che per la propria protezione, oltre al supporto tecnologico, gli italiani desiderano un servizio di collegamento a un team di Guardie Giurate esperte nella verifica e nella risposta agli scatti di allarme o segnali di SOS in tempo reale.
Il 25% sceglie un sistema di allarme connesso solo a un’App.
Il 28% sceglie un sistema di allarme non connesso che segnala l’intrusione tramite suoni e luci. Meno del 5%, infine, opta per un sistema domotico che include anche un sistema di allarme.

In crescita il mercato Big Data Analytics nel 2018

Il mercato italiano dei Big Data Analytics ha continuato il proprio trend di crescita nel 2018, raggiungendo un valore complessivo di 1,393 miliardi di euro, pari a + 26% rispetto all’anno precedente.

Il 45% della spesa in Analytics è dedicata ai software (database e strumenti per acquisire, elaborare e analizzare i dati…), il 34% ai servizi (personalizzazione dei software, integrazione con i sistemi informativi aziendali) e il 21% alle risorse infrastrutturali (capacità di calcolo, server e storage).

Mercato dei Big Data Analytics 2018

Mercato dei Big Data Analytics 2018 – Fonte Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School Management del Politecnico di Milano

L’evoluzione del mercato dei Big Data Analytics va ben oltre i numeri, cambiano le metodologie di analisi, cresce l’esigenza di competenze di data science: il 46% delle grandi imprese ha già inserito figure di Data Scientist in organico, il 42% Data Engineer, il 56% Data Analyst. Nonostante questo, però, più della metà (55%) presenta un modello organizzativo ancora tradizionale.

Questi sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School Management del Politecnico di Milano.

Le grandi imprese e Big Data Analytics

La totalità delle grandi organizzazioni adotta Analytics di tipo descrittivo, ma molte stanno sperimentando un’evoluzione verso logiche di predictive, prescriptive e, in alcuni casi, automated Analytics. L’evoluzione passa attraverso tecniche di Machine Learning e Deep Learning, che abilitano nuove tipologie di analisi, e di Real-time Analytics.

Il 62% delle grandi aziende dichiara di avere necessità di competenze specifiche di Machine Learning e Deep Learning: tra queste, poco più di un terzo le ha già introdotte in organico e un ulteriore 30% prevede di farlo nei prossimi due anni.

Poco più di un’azienda su dieci (11%) invece sfrutta oggi modalità di analisi in Real-Time o in Streaming, in cui vi è un flusso continuo di raccolta dei dati che devono essere analizzati con continuità. Un ulteriore 33% possiede un’infrastruttura che consente analisi in Near Real-Time, con una frequenza d’aggiornamento che scende a meno di un’ora. Il 56% delle organizzazioni analizza i dati in modalità batch, con un aggiornamento del sistema a intervalli regolari e predefiniti (solitamente giornalieri).

Nonostante siano diminuite complessità e incertezze nel percorso di adozione di progetti di Analytics, rimangono alcuni ostacoli da superare.

Le difficoltà maggiori riguardano la mancanza di competenze e figure organizzative interne (53%), l’integrazione dei dati (45%) e la stima dei benefici dell’investimento (34%). Seguono la mancanza di coinvolgimento del management (27%), la necessità di investimenti troppo elevati (22%), la difficoltà nel reperire dall’esterno professionalità con competenze adeguate (18%), la scarsa qualità e affidabilità dei dati (18%) e le difficoltà nell’impiego di software e altre tecnologie (14%).

Infine, nonostante il 2018 sia stato l’anno in cui il General Data Protection Regulation (GDPR) è diventato applicabile, solo il 10% del campione ha segnalato problemi di sicurezza e privacy.

 

EcoIsole: da 4 a 8 cassonetti intelligenti per la raccolta dei RAEE

Le EcoIsole a Milano raddoppiano: Amsa-Gruppo A2A, con Ecolight (consorzio nazionale per la gestione dei RAEE) e il Comune, potenzia la raccolta dei piccoli rifiuti elettronici e lampadine posizionando quattro nuovi cassonetti intelligenti dove conferire smartphone, tablet, piccoli elettrodomestici, caricabatterie e lampadine a risparmio energetico e neon non più funzionanti.

Già la scorsa estate erano state attivate quattro EcoIsole e in meno di sei mesi infatti, quasi 2.800 utenti hanno utilizzato gli speciali cassonetti automatizzati sviluppati da Ecolight, conferendo oltre 2 tonnellate di piccoli RAEE.

EcoIsole Milano«Una raccolta sempre più selettiva e differenziata di rifiuti – ha dichiarato Marco Granelli assessore alla Mobilità e Ambiente – non deve complicare la vita ai cittadini che si impegnano a favore dell’ambiente. Per questo lavoriamo con Amsa così diventa facile gettare correttamente i piccoli elettrodomestici e gli strumenti elettronici».

«È un progetto che vuole non solamente incrementare la raccolta dei RAEE in città, ma incentivare la diffusione di una cultura ecologica – ha aggiunto Mauro De Cillis, Direttore Operativo di Amsa, società del Gruppo A2A – La positiva esperienza con le prime quattro EcoIsole ci ha spinto a coprire altre zone».

Amsa – nel 2018 – ha raccolto 3.344 tonnellate di RAEE, il 42% di piccoli elettrodomestici (categoria R4) confermando Milano una delle metropoli europee più virtuose nella raccolta differenziata, con una percentuale del 60%.

«L’EcoIsola è un cassonetto intelligente ed interamente automatizzato che nasce da un progetto europeo con lo scopo di facilitare il corretto conferimento dei rifiuti elettronici, in particolare quelli di piccole dimensioni – ha evidenziato Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight – Cellulari, telecomandi, tablet non più funzionanti sono i rifiuti elettronici più difficili da intercettare, eppure sono riciclabili fino a oltre il 90% del loro peso. L’EcoIsola di fatto dà ai cittadini una possibilità in più per conferirli in modo corretto».

Per utilizzare l’EcoIsola l’utente deve strisciare nell’apposita fessura la Carta Regionale dei Servizi (tessera sanitaria), selezionare il tipo di rifiuto che intende conferire e inserirlo all’interno dello sportello dedicato. Quando i contenitori interni sono pieni è la stessa macchina ad avvisare gli operatori di Ecolight Servizi per il loro svuotamento.

Per evitare possibili vandalismi le EcoIsole sono dotate di un sistema antintrusione.

La manutenzione predittiva: un investimento che ripaga!

Il tema della manutenzione predittiva è strettamente legato alla progressiva diffusione delle tecnologie Internet Of Things (IoT) in ambito industriale e alla trasformazione di processi grazie all’evoluzione del concetto di Smart Factory (Industria 4.0). L’introduzione di sensori di processo/ambiente, lo sviluppo di tecnologie di connessione più evolute (es. wireless, 4/5G), la possibilità di archiviare e analizzare in tempo reale grandi quantità di dati (Big Data & Analytics) sono tutti elementi chiave dello sviluppo del “intelligenza operativa” che sta rivoluzionando il concetto di gestione degli Assets.

Secondo recenti studi, i fuori servizio non programmati costano al settore industriale circa 50 miliardi di dollari all’anno. Implementare una strategia basata sulla manutenzione predittiva significa:

L’approccio verso la manutenzione predittiva è fondamentale dove eventuali fuori servizio non programmati possono generare ingenti perdite economiche e le attività di manutenzione correttiva sono difficoltose o non facilmente implementabili. Dotare gli Assets di “intelligenza operativa” in grado di implementare un sistema basato sulla manutenzione predittiva significa sostenere un investimento iniziale che include:

Manutenzione predittiva per gli impianti di produzione di energia

Un esempio di Asset sul quale è possibile applicare il concetto di manutenzione predittiva con risultati significativi è rappresentato dagli impianti di produzione di energia con fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico…) che per loro natura non sono programmabili. Nel fotovoltaico ogni fuori servizio durante il giorno rappresenta una cospicua perdita sia in termini ambientali, sia economici: ogni kiloWattora non prodotto, è un kiloWattora definitivamente perso.

“Negli impianti fotovoltaici, il 60% del fermo impianto è dovuto al malfunzionamento degli inverter che smettono di funzionare per cause endogene (es. rottura componenti senescenti, etc.) e/o esogene (es. polvere, umidità, etc.). – sottolinea Alessandro Pelusi Chief Sales & Marketing Officer di STI Company di Ascoli Piceno, azienda che propone un servizio innovativo in grado di dare nuova vita agli inverter fotovoltaici – La manutenzione reattiva a seguito di un guasto può essere una grossa complicazione: se è necessario sostituire la macchina, possono passare anche diversi giorni prima di una sostituzione a causa della mancanza del pezzo di ricambio. Questo è un chiaro esempio che fa capire quanto sia fondamentale la manutenzione predittiva che consente di evitare importati perdite economiche e soprattutto di ridurre il fermo impianto. Pensate agli impianti incentivati in Conto Energia”.

Manutenzione predittiva: rigenerazione degli inverter fotovoltaici

STI propone un servizio di manutenzione preventiva basato sull’implementazione di un processo di rigenerazione degli inverter fotovoltaici fuori garanzia. La rigenerazione consiste nella rivitalizzazione della macchina con l’obiettivo di riportarne la condizioni di funzionamento pari al nuovo evitando costosi fermo impianto.

“In STI stiamo avviando un progetto di ricerca finalizzato a trasformare un intervento di manutenzione preventiva come la rigenerazione degli inverter fotovoltaici in un vero e proprio intervento di manutenzione predittiva in cui sarà la macchina stessa a segnalare la necessità di intervento rigenerativo” sottolinea Alessandro Pelusi.

Ma come riuscire a capire quando è necessaria la rigenerazione dell’inverter?

Ovviamente non basta leggere i normali parametri di funzionamento (energia attiva AC/DC, potenza, etc.) che i sistemi di monitoraggio forniscono, è necessario supervisionare in tempo reale le condizioni di funzionamento interne della macchina con specifico riferimento ai componenti critici (ventole, IGBT, condensatori, etc.). Monitorando l’andamento di specifici parametri (es. temperatura di esercizio) e interpolando i dati raccolti con altre informazioni disponibili, è possibile ricostruire delle curve tipiche di esercizio in condizioni standard e creare regole di gestione delle eventuali anomalie riscontrate. In questo modo, è possibile ricevere degli allarmi direttamente dalla macchina prima che questa possa subire un guasto.

“Questo tipo di approccio risponde perfettamente ai criteri di intelligenza operativa e manutenzione predittiva e soprattutto consente di adottare una “mentalità circolare” finalizzata al prolungamento della vita tecnica utile delle apparecchiature e al riciclo/riuso delle medesime” conclude Alessandro Pelusi.

manutenzione predittiva

Esempio di rigenerazione di un cassetto di potenza 50 kWp

STI Company si posiziona sul mercato come lo Specialista Globale nella Gestione dell’Energia. Grazie all’ampiezza del proprio portafoglio di soluzioni, prodotti e servizi nella distribuzione elettrica, nell’automazione industriale, nelle energie rinnovabili ed efficienza energetica, rappresenta un punto di riferimento per la progettazione, installazione e manutenzione di soluzioni impiantistiche tecnologicamente avanzate.

Piano nazionale per l’Energia ed il Clima (PNIEC): la strategia italiana

L’Italia ha presentato alla Commissione europea il Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) con la strategia italiana dei prossimi dieci anni su decarbonizzazione, autoconsumo, generazione distribuita, efficienza energetica, sicurezza energetica, innovazione, ricerca e competitività.

Il documento su clima ed energia è uno degli strumenti chiave richiesti dal Pacchetto UE Energia pulita e che tutti gli stati membri dell’unione devono presentare stilando una serie di azioni che concorrono al raggiungimento degli obiettivi europei 2030.
Il Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima (2021-2030) dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2019 a seguito di esito positivo della UE e ogni due anni verranno indicati i progressi compiuti. Una volta approvato, il piano è vincolante.

I principali obiettivi riguardano l’aumento della percentuale di produzione di energia da Fonti Rinnovabili nei consumi in linea con gli obiettivi previsti dalla UE, una riduzione dei consumi di energia primaria e la riduzione delle emissioni di gas-serra con valori obiettivo più ambiziosi rispetto a quanto previsto da Bruxelles.

Gli obiettivi evidenziati dal Piano sono:

Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima: rinnovabili ed efficienza

Riguardo alle rinnovabili, l’Italia intende promuoverne l’ulteriore sviluppo insieme alla tutela e al potenziamento delle produzioni esistenti, superando l’obiettivo del 30%.

Nel documento si legge: “per il settore elettrico, si intende, anche in vista dell’elettrificazione dei consumi, fare ampio uso di superfici edificate o comunque già utilizzate, valorizzando le diverse forme di autoconsumo, anche con generazione e accumuli distribuiti. Si intende promuovere la realizzazione di sistemi, a partire da alcune piccole isole non interconnesse alle reti nazionali, nei quali sia sperimentata una più accelerata decarbonizzazione ed elettrificazione dei consumi con fonti rinnovabili. Nel settore termico, avrà grande rilievo il coordinamento con gli strumenti per l’efficienza energetica, in particolare per gli edifici, e la coerenza degli strumenti con gli obiettivi di qualità dell’aria”.

Per quanto riguarda l’efficienza energetica l’Italia intende ricorrere a un mix di strumenti di natura fiscale, economica, regolatoria e programmatica calibrati per settori di intervento e tipologia dei destinatari.

Verrà portata avanti “l’integrazione dell’efficienza energetica in politiche e misure aventi finalità principali diverse dall’efficienza al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e benefici delle azioni. Il potenziale di efficienza del settore edilizio potrà essere meglio sfruttato con misure che perseguano, ad esempio, la riqualificazione energetica insieme alla ristrutturazione edilizia, sismica, impiantistica ed estetica di edifici e quartieri, in coerenza con la strategia di riqualificazione del parco immobiliare al 2050”.

In una nota ufficiale diffusa congiuntamente al Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) sono identificati alcuni obiettivi primari al 2030 come l’uso di biocarburanti avanzati con una quota pari all’8%, nuove immatricolazioni di auto full electric per raggiungere la quota di 1,6 milioni di auto elettriche, che sommate alle auto ibride e altri veicoli elettrificati Italia porta a un obiettivo pari a 6 milioni di unità entro il 2030.
Il Piano stabilisce investimenti destinati alla realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica e interventi di recupero del patrimonio edilizio mirati allo sviluppo delle medesime reti.

Per maggiori informazioni si rimanda al Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima.