Nei sassi di Matera con Daikin il comfort è di “lusso”

Daikin Italy ha contribuito al progetto di recupero architettonico e distributivo di un intero Borgo nei pressi di Matera fornendo le proprie soluzioni di climatizzazione, ventilazione e qualità dell’aria per l’Aquatio Cave Luxury Hotel & SPA, un albergo diffuso a cinque stelle costituito da 35 camere distribuite su sei livelli che si collocano su un costone del rione “Sasso Caveoso” di Matera, nella contrada denominata Conche risalente al XIII secolo.

8 problematiche da affrontare per un comfort ottimale

Un albergo diffuso in un contesto altamente vincolato come quello di Matera ha richiesto un attento lavoro da parte dei progettisti per provvedere alla climatizzazione degli ambienti, utilizzando innovazioni tecnologiche in grado di essere integrate nell’architettura e di rispondere a esigenze di controllo dell’umidità e comfort.
Diverse le problematiche da affrontare:

1 – Massima flessibilità – Le caratteristiche peculiari dei locali necessitavano della totale indipendenza delle unità interne con la possibilità di raffrescamento e riscaldamento simultanei

2 – Integrazione architettonica – minima invasività degli impianti con riduzione dell’impatto estetico e degli
spazi tecnici necessari alla loro installazione

3 – Umidità strutturale – ambienti ricavati entro la roccia viva e la presenza di antichissime cisterne di raccolta delle acque determina la formazione di sacche di umidità con il rischio di formazione di muffe

4 – Benessere igrometrico – la presenza di ambienti con diverse destinazioni d’uso (camere, ristorante, centro benessere) tipiche di una struttura alberghiera a 5 stelle necessitava del controllo dell’umidità relativa

5 – Indoor Air Quality – la quasi totale assenza di aperture verso l’esterno delle diverse parti della struttura ha richiesto un’adeguata ventilazione dei locali

6 – Minimizzazione degli spazi – la realizzazione di un impianto di ventilazione presenta problematiche legate alla dimensione delle componenti rendendone difficile l’inserimento in un contesto storico

7 – Alta Efficienza – utilizzo di tecnologie che minimizzino i consumi energetici e l’impatto ambientale

8 – Integrazione di fonti rinnovabili in un contesto caratterizzato dall’assenza di spazi esterni utilizzabili per l’installazione

Comfort Daikin Hotel AquatioUn impianto unico per affrontare esigenze uniche

È stato utilizzato un sistema centralizzato ad espansione diretta VRV Daikin puntando sulla riduzione dell’impatto visivo, e su una tecnologia a recupero di calore con produzione integrata di acqua calda sanitaria. Un unico impianto per climatizzare e rendere confortevoli gli ambienti dell’hotel in grado di rispondere alle esigenze termo/frigorifere della struttura, garantendo l’indipendenza della modalità di funzionamento di ogni singolo locale.

Grazie alle tecnologie ad alta efficienza è stato possibile minimizzare i consumi energetici e l’impatto ambientale e di integrare gli impianti con fonti rinnovabili di energia.

La tecnologia a recupero di calore ha consentito l’utilizzo di un’unica macchina per far fronte a tutte le esigenze termo/frigorifere della struttura.
Inoltre, la funzione di recupero del calore di condensazione ha consentito di ottimizzare le prestazioni energetiche dell’impianto assolvendo anche all’integrazione con fonti rinnovabili di energia.

La tecnologia per climatizzare in “incognito”

Allo scopo di minimizzare l’impatto estetico degli elementi dell’impianto di climatizzazione, sono stati adottati degli schermi bianchi per l’alloggiamento di terminali, che ricordano nel colore il latte di calce con cui i materani sanificavano gli interni delle loro abitazioni-grotta.

Tali schermi sono elementi funzionali alla distribuzione degli spazi e degli impianti, inseriti al fine di evitare che le necessità impiantistiche intaccassero le pareti e le volte dei locali prevalentemente scavati. Gli impianti sono stati realizzati sotto-pavimento.

Comfort Daikin Hotel Aquatio

Qualità dell’aria in tutte le stagioni

La fonte rinnovabile è assicurata dal sistema di recupero del calore di condensazione delle unità in raffrescamento e riscaldamento dell’acqua ad uso sanitario.

All’interno delle stanze sono state utilizzate unità interne fan coil a pavimento da incasso con rivestimento realizzato in armonia con gli arredi delle camere. La qualità dell’aria è garantita dai recuperatori di calore entalpici e macchine per la ventilazione meccanica controllata che consentono l’immissione controllata della corretta portata di aria di rinnovo con recupero energetico sull’aria espulsa.

Per il benessere termo/igrometrico è stata adottata una soluzione di compromesso: il recuperatore di calore in funzionamento invernale consente l’immissione di aria con minore umidità assoluta, mentre in funzionamento estivo permette l’introduzione di un giusto grado di umidità assoluta in abbinamento alle caratteristiche deumidificanti delle unità.

Panni per la pulizia: il segreto di Mewa è il cotone

Pulire il proprio posto di lavoro o uno strumento è fondamentale per lavorare nelle migliori condizioni possibili.
Mewa da anni si occupa della fornitura di panni di alta qualità e del relativo servizio di gestione, lavaggio e smaltimento.
L’azienda è tra le poche in Europa in grado di produrre internamente i propri panni, in particolare nella sede di Immenhausen, in Germania.

Tessitura panniPrima di arrivare nelle officine dei clienti, i panni MewaTex vengono sottoposti a rigorosi test nel laboratorio prove interno per verificarne la qualità, l’efficacia, la resistenza, il potere assorbente e la durata.
Ma in che modo i test migliorano le qualità dei panni e il lavoro dei professionisti? Le prove vengono effettuate sia sui filati, con un controllo a campione all’ingresso del materiale, sia sul panno.

Devono inoltre superare un test di resistenza, in particolare le prove previste dalle norme DIN 61651 per i panni destinati alla pulizia dei macchinari. Il panno Mewa viene inoltre sottoposto a circa 30 altri test sui filati e sul panno stesso, come il controllo della finezza, della resistenza e dell’uniformità del filato. Solo dopo aver superato tutti i test, i filati possono essere lavorati nelle macchine per la tessitura.

Anche il panno finito viene sottoposto a specifici test prima di essere consegnato al cliente: viene verificato se le misure e il peso sono quelli previsti, se ne valutano la resistenza allo strappo e la capacità assorbente. Persino lo sfregamento viene valutato attraverso un test con una macchina speciale che produce carichi estremi al fine di per controllare la resistenza allo strappo.

Mewa attesta la sua vicinanza al cliente anche nelle attività di ricerca e sviluppo: nei test di laboratorio infatti confluiscono il know how dell’azienda, ma anche i suggerimenti dei clienti che utilizzano i panni MewaTex nelle loro attività professionali, suggerimenti che Mewa utilizza per sviluppare test che rispecchino effettivamente l’utilizzo pratico del panno.
Mewa ha realizzato anche un breve video che spiega le qualità dei propri prodotti e i relativi servizi.

 

Entrate in vigore le nuove direttive FER ed efficienza energetica

Il futuro deve essere sempre più green, sostenibile ed efficiente attraverso azioni concrete che permetteranno all’Europa di premere l’acceleratore verso la transizione energetica sostenibile.

A fine anno sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale Europea le nuove direttive rinnovabili ed efficienza e il regolamento sulla governance dell’Unione energetica che ridefinisce l’approccio all’utilizzo dell’energia per la lotta ai cambiamenti climatici.

Le due direttive fissano un obiettivo al 2030 del 32% per le rinnovabili e del 32,5% per l’efficienza, che obbligano ciascuna nazione a raggiungere lo stesso risultato, ma non impongono direttamente le azioni da attuare.

Le novità introdotte sono:

Una nuova governance per realizzare l’Unione dell’energia

Ogni Stato membro deve presentare un “piano nazionale integrato per l’energia e il clima” decennale con obiettivi, contributi, politiche e misure nazionali entro il 31 dicembre 2019 e successivamente ogni dieci anni al fine di raggiungere gli obiettivi indicati nei provvedimenti dell’Unione Europea.

Riferimenti normativi

Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili
Direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 che modifica la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica
Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima

10 cose che è bene sapere sull’auto elettrica – II parte

Abbiamo visto come l’auto elettrica offra interessanti opportunità e non rappresenti più la “cenerentola” della mobilità: veicoli confortevoli, buona autonomia e risparmio sui costi di gestione sono solo alcuni dei vantaggi di questi mezzi.
Proseguiamo con l’analisi dei benefici della mobilità elettrica e vediamo ora cos’altro ha da offrire!

6 – Litio e cobalto, materie prime fondamentali, impattano sull’ambiente

Purtroppo è vero: le miniere di cobalto sono fonte di grave sfruttamento. Si stanno promuovendo iniziative come Ethical Cobalt o la creazione di miniere Conflict free. Nel frattempo, la ricerca prosegue e la speranza è che si arrivi alla graduale sostituzione dei catodi di cobalto con altri materiali. C’è già chi, come Tesla, sta eliminando il cobalto dalle batterie delle proprie auto.

Batteria Litio

Anche nel caso del litio, che proviene prevalentemente da deserti salati, occorre porre attenzione al suo sfruttamento dato che questi luoghi sono ecosistemi delicati.

Cobalto e litio hanno certamente i loro vincoli ambientali e sociali di cui tenere conto. Va però detto che l’Italia, grazie alla emobility, potrebbe ridurre le perdite economiche dovute all’importazione di combustibili fossili per i trasporti e l’esposizione dei consumatori alla volatilità dei prezzi del petrolio, sostituendo il petrolio importato con la propria energia generata dal sole e dal vento. Come evidenzia lo studio “Fuelling Italy’s Future”, coordinato dalla European Climate Foundation, da Transport & Environment e dalla Fondazione Centro Studi Enel, lo scorso anno il nostro Paese ha importato 15,9 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi raffinati. Secondo lo studio, “se si tagliassero le importazioni di petrolio, si potrebbe ottenere un risparmio cumulato di circa 21 miliardi di euro entro il 2030 e di 377 miliardi di euro entro il 2050, determinando una ripresa della bilancia commerciale italiana”.
A livello di salute, la transizione verso una mobilità a emissioni ridotte o zero permetterebbe di aumentare la qualità di vita: pensiamo che oggi in Italia, si contano più di 1.500 decessi prematuri per milione di abitanti l’anno dovuti all’inquinamento atmosferico.

7 – Oltre a litio e cobalto, non ci sono alternative allo sviluppo delle batterie per l’emobility

Per quanto riguarda il prossimo futuro sono già allo studio alternative: per esempio le batterie al sodio, ma si sta facendo ricerca anche quelle al solfuro di magnesio, oppure ci sono ricerche avanzate anche a proposito della tecnologia allo zinco. Si pensi anche alla batteria allo stato solido, che garantiscono una maggiore densità a costi decisamente più contenuti, oltre a essere più leggere, affidabili, più facilmente stoccabili e non infiammabili. Tra l’altro è stata ideata e brevettata una soluzione che utilizza il vetro come elettrolita e un anodo di materiale alcalino, ben più economico del litio e capace di portare le doti di autonomia a svariate centinaia di km in più rispetto al modello oggi migliore sul mercato.

8 – Le batterie, una volta arrivate a fine vita, sono difficili da riciclare

riciclo batterieSeppure ancora di nicchia, il mercato EV in Italia dovrebbe già contare su 11mila auto immatricolate nel 2020 tra 100% elettriche, ibride e plug-in. Si tratta in ogni caso di veicoli dotati di batterie agli ioni di litio, difficili da riciclare. Ma la difficoltà può divenire una grande opportunità. Lo ha evidenziato il consorzio Cobat in occasione del recente Ecomondo tramite il suo presidente, Giancarlo Morandi, che ha segnalato come sia già attivo un progetto con Enel e Class Onlus, che si avvale del supporto di CNR e Politecnico di Milano, finalizzato ad allungare la vita alle batterie. Nell’occasione ha affermato: “stiamo studiando un sistema per riutilizzare gli accumulatori che, pur avendo ormai una capacità di carica troppo bassa per alimentare un’automobile, possono essere riutilizzati e riassemblati in pacchi di storage per lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili. E se proprio non potranno più essere riutilizzate, siamo al lavoro con il Consiglio Nazionale delle Ricerche per individuare una tecnologia ambientalmente ed economicamente sostenibile per riciclarle”.

Una batteria agli ioni di litio non più in grado di alimentare un EV, ha però ancora l’80% circa della sua capacità – solo non è più in grado di essere ricaricata abbastanza velocemente.

Già in altri Paesi il riciclo di queste parti a fine vita negli EV sono utilizzate per altri scopi: in Giappone a Namie trovano nuova vita per alimentare i lampioni stradali. A Goteborg (Svezia), e a Londra sono impiegate, in alcuni edifici, per accumulare l’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici sui tetti. Non solo: terminato anche il loro secondo ciclo di vita, possono trovare nuovo impiego per utilizzi a più basso consumo oppure debitamente lavorate per estrarre le materie prime utili per nuove batterie.

Ma non è finita qui: il gruppo BMW, insieme a Northvolt e Umicore (specializzata nel riciclo di componenti tecnologici per il recupero di metalli preziosi per il loro riuso) hanno formato un consorzio finalizzato allo sviluppo di una supply chain che vede protagoniste le celle delle batterie per EV. Il progetto sta cercando di portare avanti l’industrializzazione sostenibile delle celle della batteria in Europa e l’acquisizione associata di competenze, dalla chimica cellulare allo sviluppo fino alla produzione e infine al riciclaggio. L’obiettivo principale è rendere le celle della batteria sostenibili stabilendo un ciclo di vita chiuso.

9 – Le auto elettriche sono lente, anche in accelerazione

Le auto elettriche hanno un primo grande vantaggio rispetto alle endotermiche: un rendimento molto elevato, fino all’85%. Inoltre hanno notevoli doti di coppia, ottenibile immediatamente.
Accelerazione e velocità sono paragonabili alle vetture tradizionali: per esempio, la Nissan Leaf (l’auto elettrica più venduta) – secondo i dati dichiarati dalla Casa madre – impiega 7,9 secondi per passare da 0 a 100 km/h per una velocità massima di 144 km/h.
Se poi ci si spinge su supercar, le doti di accelerazione e di velocità massima non hanno da invidiare nulla a una vettura convenzionale.

10 – L’auto elettrica è cara

auto elettricaIl prezzo è ancora il principale ostacolo all’acquisto di un’auto elettrica, specie se paragoniamo un’utilitaria “a spina” a una classica benzina o diesel. Il discorso cambia se si considerano i costi relativi alla vita utile dell’auto.

Una EV non ha bisogno di effettuare cambio dell’olio, per esempio, ma soprattutto ha molti meno parti motore, che si traducono in minori costi di gestione. Inoltre un pieno di una vettura elettrica, in termini di ricarica, costa molto meno di una alimentata a fonti fossili. È stato calcolato che per ricaricare una vettura di media cilindrata per avere una autonomia di 100 km, il costo sia di 4 euro. Per far percorrere analoga distanza a una auto a benzina ci vogliono circa 12,5 euro.

Lo riporta Enel X, dichiarando che: “tutti i consumi sono calcolati su una Volkswagen Golf – ambito urbano; i prezzi dei carburanti sono calcolati come media 2017 (Gennaio-Maggio) secondo fonte MiSE/DG SAIE; i prezzi dell’elettricità sono calcolati secondo fonte AEEGSI; nel caso dell’auto elettrica si considera un’auto con autonomia di 200 km e batteria da 30 kWh”.

L’intero articolo, con le 10 cose che è bene sapere sull’auto elettrica, può essere scaricato da questo link.

Efficienza e innovazione nel DNA di Viessmann

Responsabilità, innovazione, lavorare in team: sono i tre valori cardine del Gruppo Viessmann, azienda attiva nella produzione di innovativi sistemi di riscaldamento e climatizzazione per la casa, sistemi industriali e sistemi di refrigerazione.

Sostenibilità ambientale, rispetto per le risorse, efficienza nei processi produttivi, ricerca e sviluppo per prodotti ecocompatibili e ad alta efficienza energetica, standard di qualità elevati sono alcune delle peculiarità che emergono visitando il quartier generale di Viessmann ad Allendorf, in Germania, nel Land dell’Assia.

Azienda familiare, fondata nel 1917, con circa 12 100 dipendenti, un fatturato di Gruppo di oltre 2,37 miliardi di Euro, 23 sedi di produzione in 12 Paesi, con organizzazioni di vendita in 74 Paesi e 120 punti vendita nel mondo, Viessmann è impegnata ad affrontare le sfide del cambiamento climatico attraverso obiettivi strategici che puntano a offrire tecnologie sempre più performanti grazie a un miglioramento continuo delle prestazioni energetiche, capacità innovativa, la rapida implementazione delle buone idee e sostenibilità.

Per l’azienda sostenibilità significa portare economia, ecologia e responsabilità sociale al fine di soddisfatte i fabbisogni di oggi senza compromettere le risorse delle generazioni future. Questa filosofia si trasforma nella ricerca di soluzioni che puntano sulle energie rinnovabili e le tecnologie più avanzate garantendo benessere, efficienza energetica, comfort ottimale e tutela dell’ambiente.

Da sempre Viessmann è pioniere nella protezione dell’ambiente attraverso le tre divisioni:

Viessmann Allendorf

Innovazione e alta efficienza

Nello sviluppo dei prodotti, Viessmann – già in fase di progettazione – punta alla sostenibilità e al recupero (alla fine del ciclo di vita) delle materie prime utilizzate. Inoltre, efficienza utilizzazione dell’energia, riduzione delle emissioni inquinanti e rispetto della biodiversità sono al centro di tutti i progetti aziendali.

Lo sviluppo di sistemi ad alta efficienza energetica per la generazione di calore, vapore, elettricità e raffrescamento è fondamentale per Viessmann: con rendimenti fino al 98% i sistemi di riscaldamento rappresentano lo stato dell’arte della tecnica. L’azienda punta a standard elevati per l’efficienza energetica anche per i sistemi per l’energia elettrica, il raffrescamento e per i moderni impianti a vapore. Con l’obiettivo di un miglioramento continuo.

Un team di ingegneri, tecnici, meccatronici, progettisti, personale di laboratorio, product manager e sviluppatori di software lavorano alle soluzioni per i mercati di oggi e di domani.

Al centro dell’impegno per la sostenibilità attuale vi è il progetto “Effizienz Plus”, che si basa su un approccio globale ai cambiamenti climatici, l’efficienza delle risorse e la sicurezza del lavoro.
In questo modo è stata aumentata l’efficienza del lavoro e dei materiali in produzione e l’efficienza energetica, sia nella produzione, sia nei consumi. Il risultato ottenuto è un risparmio del 40% dell’energia fossile e una riduzione di un terzo delle emissioni di CO2. Questo consente di rendere la produzione sempre più indipendente dalle fonti tradizionali di energia.

Nel polo Tecnologico di Allendorf tra i focus strategici anche la digitalizzazione: in futuro, i prodotti si differenzieranno per le funzioni digitali che comprendono interfacce di comunicazione, app per smartphone e tool di assistenza o diagnostica.

Showroom Viessmann Allendorf

Offerta completa di servizi

Viessmann offre, inoltre, una serie completa di servizi di assistenza per tutti i prodotti. L’Accademia Viessmann offre a ingegneri del riscaldamento, progettisti, architetti, impiantisti e anche ai propri dipendenti un programma completo di formazione e istruzione. A seguito dell’evoluzione del mercato del riscaldamento verso tecnologie efficienti e soluzioni a energia rinnovabile, l’azienda punta alla necessità di qualificazione dei propri partner commerciali. A livello globale, ogni anno 92.000 professionisti prendono parte a eventi di formazione presso l’Accademia Viessmann.

Detrazione al 50% per chi installa le colonnine di ricarica elettrica

Tra le novità della legge di Bilancio 2019 troviamo la detrazione del 50% per chi installa le colonnine di ricarica elettrica, anche in condominio, a partire da marzo 2019 e fino a dicembre 2021.
Come per gli altri bonus è possibile ottenere una detrazione del 50% per le spese documentate sostenute per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici a partire da marzo 2019. Sono inclusi nella detrazione i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino ad un massimo di 7 kW.

Per ottenere l’agevolazione è necessario che le infrastrutture di ricarica siano dotate di uno o più punti di ricarica di potenza standard non accessibili al pubblico, quindi a servizio di singole abitazioni o in condomini.

La detrazione viene ripartita in dieci quote di pari importo ed è calcolata su un ammontare massimo di 3.000 euro.

È necessario aspettare il prossimo decreto del Ministro dello sviluppo economico per conosce le procedure di concessione della detrazione e la disciplina applicativa.
Questa detrazione è perfettamente in linea con la direttiva 2018/844/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia che indica di prevedere l’accesso agli incentivi per l’installazione dell’infrastruttura di ricarica, oltre a semplificazioni burocratiche.

Predisposizione colonnine di ricarica elettrica: gli obblighi per i nuovi edifici

La rivoluzione per la mobilità elettrica è cominciata, la direttiva europea 2014/94/UE stabilisce che – dal 2019 – ogni nuova casa costruita o ristrutturata in Europa dovrà essere equipaggiata di almeno un punto per la ricarica auto elettriche.

In Italia dal 1° gennaio 2018 il titolo abilitativo per i nuovi edifici è vincolato alla predisposizione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli.

Il Decreto Legislativo 257/2016 ha stabilito i requisiti minimi per la costruzione di infrastrutture per i combustibili alternativi, inclusi i punti di ricarica per i veicoli elettrici.

Gli immobili soggetti all’obbligo di predisposizione dell’installazione di colonnine di ricarica auto elettriche sono:

Le infrastrutture elettriche predisposte dovranno permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no, in conformità alle disposizioni edilizie fissate nel regolamento stesso.
Il provvedimento, inoltre, stabilisce di realizzare sul territorio un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico entro il 31 dicembre 2020.

10 cose che è bene sapere sull’auto elettrica – I parte

Il principale ostacolo dell’auto elettrica è la disinformazione. “Inquinano”, “vanno piano”, “hanno poca autonomia”…  sono solo alcune delle opinioni totalmente o parzialmente false che mettono in cattiva luce le Electric Vehicle. Per cercare di fare un po’ di chiarezza abbiamo raccolto alcune delle opinioni più diffuse e abbiamo cercato di mostrare se sono vere o no e di fornire una spiegazione quanto più chiara e oggettiva.

1 – L’auto diesel euro 6 inquina meno dell’auto elettrica

L’auto elettrica non emette in marcia né CO2 né NOx e neppure rilascia polveri sottili. Un’altra falsa informazione, più sottile e per questo più difficile da scalfire, vuole che nel ciclo vita di un veicolo, dall’assemblaggio allo smaltimento, un’auto elettrica inquini più di un diesel Euro 6. A presunto supporto di questa tesi ci sarebbero i risultati di una ricerca della Yale University pubblicata dal Journal of Industrial Ecology. È vero, esiste questa ricerca, ma è stata pubblicata nel 2012 con dati riferiti ad anni precedenti, quindi sicuramente non aggiornati rispetto all’attuale evoluzione delle tecnologie e con un mix di produzione diverso da quello europeo.

Gas di scaricoMa per completare l’informazione vale la pena portare a conoscenza un intervento di Motus-E – associazione costituita da Enel X e vari altri partner tra cui si segnalano case automobilistiche quali VolksWagen, Nissan e Volvo – che si prefigge di accelerare lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia. Per le analisi sulla CO2, l’associazione chiede che si parta dalla considerazione della Life Cycle Assessment sulle emissioni dell’intero ciclo vita dei veicoli. E segnala a proposito: “un approccio rigoroso per questo tipo di analisi è influenzato da vari fattori quali la chimica delle batterie, il luogo di produzione, la vita utile delle batterie e quelle dei veicoli. Del resto fonti autorevoli, come gli studi JRC-EUCAR-CONCAWE sulle analisi WTW (Well-to-Wheel, dal pozzo alla ruota), consideravano già nel 2013 che un’auto elettrica alimentata al 100% da centrali a carbone di ultima generazione, aveva emissioni di CO2 (circa 120 g/km) comparabili con quelle delle auto endotermiche di oggi sul ciclo NEDC- New European Driving Circle”.

A ciò aggiunge un grafico di RSE di comparazione delle emissioni di CO2 WTW di varie motorizzazioni con dati al 2017.
Se è vera l’opinione che per produrre un’auto elettrica ci voglia più energia che un’auto con motore a scoppio, limite dovuto quasi totalmente alla batteria – ma il progresso nel campo ridurrà questo gap – una volta su strada, però, le cose cambiano, specie se si considerano l’efficienza e l’intera vita utile delle auto elettriche rispetto a quelle alimentate da fonti fossili, che emettono ben più CO2 e altri inquinanti.

2 – Le auto elettriche hanno poca autonomia

autonomia auto elettricaPer rispondere mostreremo alcuni dati, attenendoci solo a quelli forniti dalle Case automobilistiche sul ciclo WLTP. L’acronimo di Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedure è il nuovo metodo di prova vincolante per tutte le Case automobilistiche. Dallo scorso settembre, tutti i produttori UE di auto devono, per legge, realizzare unicamente veicoli testati in conformità a questa procedura. I Paesi che adottano la legislazione dell’Unione Europea per omologare i veicoli in ogni caso dovranno indicare i valori WLTP, per tutte le vetture, entro dicembre 2020. L’obiettivo del test è anche ottenere un dato relativo al comportamento di marcia quanto più vicino possibile alle condizioni reali di utilizzo quotidiano di un’autovettura. Molte delle auto elettriche oggi in listino hanno ancora valori di autonomia legati al precedente ciclo NEDC. Per questo riportiamo solo alcune delle vetture già con autonomia dichiarata col nuovo standard. Cominciamo dalla Nissan Leaf 2018, ovvero una delle più vendute, che dichiara 285 km; la nuova Renault Zoe R110, che adotta una batteria da 41 kWh percorre fino a 300 km; la Hyundai Kona EV con batteria da 64 kWh viene dichiarata con un’autonomia di quasi 470 km, mentre il suv Jaguar I-Pace arriva a 480 chilometri nel ciclo WLTP. Tra le novità già preannunciate con questo ciclo segnaliamo la DS 3 Crossback E-Tense, sul mercato dal secondo semestre 2019, la cui autonomia, in attesa di omologazione, è di 300 km; per la Bmw iX3 con motore elettrico da 270 Cv e un’autonomia (WLTP) di oltre 400 chilometri, si dovrà attendere nel 2020. E se poi si è nella ristretta cerchia dei 155 futuri possessori della Aston Martin Rapide E si dovrà attendere il quarto trimestre del 2019 per contare su un bolide che può contare però su un’autonomia dichiarata di 320 km.
C’è un ulteriore vantaggio che premia le auto elettriche: la possibilità di recuperare energia quanto la vettura rallenta o frena, grazie alla frenata rigenerativa.
Ma la vera domanda è: ma quanta autonomia serve per le esigenze di mobilità? Una risposta la può fornire il rapporto Censis-Michelin sulla mobilità degli italiani: da questo emerge che le distanze percorse e i relativi tempi medi impiegati in ciascun giorno feriale degli italiani sono 28,8 km e 57,5 minuti. Per gli spostamenti il 65,4% degli italiani utilizza l’automobile per i propri spostamenti.

3 – Quando si ricarica l’auto elettrica alla presa domestica assorbe tutta l’energia

È vero, ma solo in parte: considerando che la potenza impegnata per una normale utenza domestica è di 3 kW la ricarica di una batteria auto assorbe l’intera potenza disponibile per 8 ore. Ma il problema si rivolve ricaricando l’auto di notte, quando normalmente gli altri consumi di casa sono zero. Inoltre, esistono dispositivi in grado di regolare la potenza assorbita dalla batteria in base alla richiesta istantanea, interrompendola momentaneamente quando entra in funzione un altro apparecchio elettrico.

4 – Ci sono ancora poche colonnine di ricarica in Italia

Colonnine di ricarica auto elettricheSecondo quanto riporta l’Emobility Report dell’Energy & Strategy Group, A fine 2017 si possono stimare circa 2750 punti di ricarica pubblici a norma, 443 dei quali sono high power. Ma va detto che, come riporta Enel, secondo il Piano nazionale per l’installazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici si assisterà alla posa di circa 7mila colonnine entro il 2020 per arrivare a 14mila nel 2022.

Il programma prevede una copertura capillare in tutte le Regioni italiane.
La BEI, Banca Europea degli Investimenti, ha siglato un accordo con Enel X Mobility, una controllata di Enel X, la linea di business del Gruppo Enel, in base alla quale riceverà un finanziamento di durata decennale di 115 milioni di euro per finanziare l’azione di sviluppo infrastrutturale nazionale.

5 – Troppe auto elettriche creerebbero problemi alla rete elettrica

Per rispondere prendiamo a esempio la Norvegia, il Paese europeo con la maggior diffusione di auto elettriche d’Europa. Qui le electric vehicles rappresentano il 21% del parco auto circolante. Secondo un recente studio, in Norvegia nel 2030 ci saranno circa 1,5 milioni di auto elettriche su strada. Bene, l’elettricità utile per la loro ricarica aumenterà la domanda complessiva del 3%.

Rete elettricaUlteriore conferma si ha dalla California Public Utilities Commission che ha pubblicato uno studio, riportato in un articolo de La Stampa, in si stimava sulla West Coast gli impatti sulla rete elettrica derivanti da una larga diffusione di EV: è emerso che i costi per l’upgrade della rete di distribuzione locale sarebbero decisamente bassi. Supponendo nel 2030 di contare su 7 milioni di veicoli elettrici, i costi per le infrastrutture di distribuzione sarebbero solo l’1% del budget annuale delle utility.

Torniamo invece in Italia, dove a oggi il parco auto elettriche è meno dell’1% sul totale: intanto, i consumi di elettricità negli ultimi anni si sono ridotti notevolmente; posto però che per arrivare ai livelli della Norvegia ci vorranno molti anni, nel frattempo reti e infrastrutture diventeranno sempre più efficienti e smart. Inoltre, va considerato che lo sviluppo del fotovoltaico: dai dati Gse a fine 2017 risultavano in esercizio 774.014 impianti fotovoltaici, per una potenza installata di 19.682 MW, con un aumento di 414 MW rispetto al 2016 e una produzione di 24,4 TWh di energia, ovvero il 10,4% in più del 2016. Aggiungiamoci che alla crescita del fotovoltaico c’è anche quella dell’energy storage, permettendo di accumulare energia prodotta da rinnovabili e il quadro è completo e virtuoso, dato che si potrà consumare energia pulita muovendosi con un veicolo altrettanto pulito, almeno quanto a emissioni evitate in atmosfera.

Nel prossimo futuro si potrà poi contare sulla Vehicle-to-grid (V2G) una tecnologia di ricarica bidirezionale integrata, in grado di trasferire l’energia dalla rete alle batterie delle EV per immetterla successivamente nella rete locale qualora sia necessario. Una possibilità reale: già oggi la Nissan Leaf è la prima auto elettrica in Germania ad aver ottenuto l’ok per fornire servizi V2G: potrà così fornire energia dalla propria batteria alla rete durante i periodi di picco della domanda.

Refrigera 2019: il nuovo appuntamento per la refrigerazione

Con Refrigera 2019, la fiera dell’industria della refrigerazione industriale e commerciale in programma a Piacenza Expo dal 20 al 22 febbraio prossimi, l’Italia colloca il tema al centro del mercato sia da un punto di vista commerciale sia produttivo.

Refrigera nasce dalla forte richiesta degli operatori e del mercato di riferimento di avere un proprio momento di incontro necessario per arrivare preparati alle sfide di un mercato in forte evoluzione.

L’evento organizzato in collaborazione con le più importanti Associazioni di settore in Italia e in Europa, con oltre 125 aziende espositrici punta a raggiungere frigoristi, tecnici, installatori e manutentori italiani e offrire una fotografia del settore attraverso un’ampia esposizione fieristica, convegno, momenti di incontro.
Refrigera 2019 è l’evento dedicato esclusivamente all’intera filiera di settore che l’opportunità di incontrare i principali fornitori di tecnologie, impianti, componentistica e servizi collegati.

Le applicazioni della refrigerazione sono molteplici e coinvolgono moltissimi settori: dalla GDO al retail, dall’agro-alimentare all’ho.re.ca, dalla logistica ai trasporti, dal farmaceutico e medicale al data storage, dalla produzione industriale alla ricerca scientifica, ecc.

Durante i giorni di fiera verrà dato ampio spazio all’aggiornamento professionale attraverso seminari e workshop focalizzati sulle nuove tecnologie di produzione, la lavorazione e l’assemblaggio, le normative, i nuovi componenti, i materiali innovativi, le soluzioni climaticamente sostenibili, i refrigeranti, la criogenia.
Sarà inoltre l’occasione per conoscere nuovi prodotti, come sono stati progettati, le peculiarità.

Refrigera 2019 è quindi un grande evento che si pone come punto di incontro e momento di confronto per condividere applicazioni, tecnologie e servizi sempre più innovativi.

L’ingresso alla manifestazione è gratuito previa registrazione.

Industria 4.0: cavi Motionline Industrial Ethernet

I cavi Nexans Motionline Industrial Ethernet forniscono una gamma completa di soluzioni di connessione statica e dinamica sviluppate per coprire le applicazioni di automazione.

Questi cavi sono la risposta a Industria 4.0 e le fabbriche intelligenti che richiedono la connessione di grandi volumi di apparecchiature e sensori per il controllo di processo e la manutenzione predittiva.

cavi Motionline Industrial Ethernet Sono dotati di guaine speciali per resistere all’esposizione all’olio, ai prodotti chimici e alle forti sollecitazioni. La schermatura, con una compatibilità elettromagnetica (EMC) del 100%, consente la protezione dei segnali di comunicazione. Questa costruzione è adatta sia ad applicazioni statiche che dinamiche, dove la guaina in poliuretano (PUR) offre un’elevata flessibilità per resistere alle condizioni estreme degli ambienti dell’automazione industriale.

I cavi Industrial Ethernet di Nexans si differenziano dai cavi Fieldbus standard in quanto offrono velocità di trasmissione dati più elevate. La trasmissione dati può raggiungere 10/100 Mbps, 1 Gbps, 10 Gbps nelle diverse categorie Cat5e, Cat6, Cat7 da due e quattro coppie. Sono disponibili diversi livelli di prestazioni dinamiche, con varietà altamente flessibili, flessibili e statiche. Sono conformi alle normative UL/non UL e RoHS e sono disponibili versioni zero alogeni e a bassa emissione di fumi (LSZH). I cavi Nexans Profinet e Industrial Ethernet sono disponibili anche con certificazioni UL Listed CMX e CMG, oltre alle versioni UL AWM. Le certificazioni CMX e CMG garantiscono che il cavo possa essere installato anche all’esterno della macchina e in canaline portacavi. Queste versioni sono adatte per l’interramento diretto e, grazie alle loro elevate proprietà ignifughe, per il collegamento di singole macchine.

Profinet è una tecnologia Ethernet strategica, globale, con standard aperto che è già ampiamente utilizzata in Europa e sta diventando sempre più popolare in America. Sviluppata da Siemens e Profibus e Profinet International (PI), combina i vantaggi del Profibus con la flessibilità degli standard di rete Ethernet.

I cavi Motionline Industrial Ethernet e Profinet sono prodotti da Nexans Germania a Norimberga, Nexans Intercablo nello stabilimento di Pioltello e da Nexans France nell’unità di Fumay.

I gemelli digitali ci aiutano a gestire meglio gli impianti

La quantità di dati raccolti dai sensori presenti in una fabbrica o un edificio intelligente è enorme (tanto che si parla di Big Data), ma se questi dati non sono aggregati e organizzati in modo da favorire il processo decisionale, la loro utilità è nulla.

Un metodo che si è rivelato molto efficace per sfruttare meglio i dati raccolti è quello del ‘Digital Twin’. Un ‘gemello digitale’ può essere definito come una rappresentazione virtuale di un oggetto, un sistema fisico o un servizio. Recentemente, la tecnologia dei Digital Twin si è espansa per includere anche oggetti più grandi, come intere città.
Questo abbinamento dei mondi virtuale e fisico consente di risolvere tramite simulazioni i problemi di progettazione o funzionamento, prevenire i tempi di fermo di una macchina o un impianto, sviluppare nuove funzioni e pianificare meglio il ciclo di vita di un prodotto.

Per ottenere un Digital Twin occorre integrare – negli oggetti interessati – dei sensori per raccogliere in tempo reale dati sul loro stato, sulle condizioni di funzionamento, sulla posizione e così via.

Questi oggetti ‘intelligenti’ sono quindi collegati a un sistema basato su cloud che riceve ed elabora tutti i dati, permettendo di analizzarli in base alle specifiche esigenze o ad altri dati, per esempio dati storici.

In questo modo, nell’ambiente virtuale si possono trarre delle conclusioni o scoprire delle opportunità che possono successivamente essere applicato al mondo fisico, per esempio modificando un progetto per evitarne le criticità, oppure per ottimizzare un’attività.

La NASA è stata tra i primi a provare la tecnologia dei Digital Twin fin dai primi giorni dell’esplorazione spaziale. Come utilizzare, mantenere o riparare dei sistemi non accessibili fisicamente? E quando il disastro ha colpito Apollo 13, è stata la tecnologia Digital Twin che ha permesso, utilizzando sistemi virtuali speculari sulla Terra, di stabilire come salvare la missione.

Gemelli digitali: dove utilizzarli?

I gemelli digitali possono essere utilizzati non solo in campo spaziale, ma anche nella produzione, nel settore dell’energia, nei trasporti e nelle costruzioni. Oggetti complessi come motori di aerei, treni, piattaforme offshore e turbine possono essere progettati e testati in modo digitale prima di essere prodotti fisicamente.

Consideriamo per esempio gli impianti eolici. Poiché le turbine dovrebbero funzionare per molti decenni, in ambienti spesso difficili, i guasti imprevisti possono essere costosi. Quindi, è molto utile poter prevedere un guasto delle apparecchiature molto prima che avvenga. Un gemello digitale della turbina può informare gli operatori quando una risorsa inizia a mostrare segni di decadimento delle prestazioni, senza la necessità di accedere fisicamente alla turbina stessa. Si può quindi ottenere un’indicazione sul tempo residuo di funzionamento della turbina, minimizzando il rischio di fermi impianto imprevisti.

Grazie a questa visione dei problemi imminenti, si possono prendere decisioni relative alla manutenzione o alla riparazione sulla base di dati reali, al contrario di quanto avviene nei programmi di manutenzione programmata.

Naturalmente, questo principio può essere trasferito a un macchinario, un impianto industriale, un sistema domotico, un servizio della Smart City e così via.

Detto questo, una migliore manutenzione non è l’unico vantaggio della tecnologia Digital Twin. Rimaniamo nel campo dell’energia eolica, molto volatile per sua stessa definizione. Utilizzando un gemello digitale di un parco eolico, si può prevedere quando potrebbero verificarsi aumenti o diminuzioni della velocità del vento basandosi su simulazioni, reagire rapidamente alle variazioni di richiesta e rispondere meglio alle esigenze di mercati molto integrati, come il Nord America e l’Europa, dove sono utilizzati più fonti per soddisfare la domanda di energia.