Regole base e normative per l’illuminazione di emergenza

Con l’illuminazione di emergenza l’impiantistica illuminotecnica può dare un valido contributo alla cultura della sicurezza. Sono tanti i casi in cui la continuità del servizio reso dalla luce aiuta gli occupanti a mettersi al sicuro individuando le uscite, percorrendo agevolmente e velocemente le vie di esodo, contrastando il panico che spesso si viene a creare. Si pensi agli improvvisi blackout, ai guasti sulle linee elettriche per fenomeni meteorologici, per incidenti, incendi, scosse sismiche. L’illuminazione ordinaria deve permanere; in alternativa un impianto dedicato deve attivarsi automaticamente e nel volgere di pochi istanti.

La normativa per l’illuminazione di emergenza

Illuminazione di emergenza

Figura 1 – Tipologia dell’illuminazione di emergenza secondo la Norma UNI EN 1838

La principale norma europea di riferimento – la UNI EN 1838 “Illuminazione di emergenza” – stabilisce che cosa si debba intendere col termine “emergenza”. La nozione comprende l’illuminazione di sicurezza e l’illuminazione di riserva (Figura 1).

La prima è finalizzata alla mobilità delle persone mentre la seconda, chiamata di “riserva”, consente di svolgere le attività correnti. In quest’ultimo caso il livello di illuminamento deve essere almeno pari a quello dell’illuminazione ordinaria. Si ammette un illuminamento inferiore solo per portare a termine le operazioni in corso.

La luce per la sicurezza deve essere distribuita nelle zone da considerare “critiche”: uscite verso l’esterno, percorsi di evacuazione, gradini, passaggi, dislivelli, scale, luoghi con presenza di ostacoli. Deve garantire un adeguato rischiaramento e, allo stesso tempo, fungere da guida visiva segnalando chiaramente alle persone le vie di evacuazione studiate in fase di progettazione come le più funzionali al fine della loro incolumità e messa in salvo.

Con l’illuminazione di sicurezza si perseguono tre obiettivi:

I parametri di valutazione

Per le vie di esodo la UNI EN 1838 prescrive valori minimi degli illuminamenti sulle pavimentazioni. Per vie di esodo di larghezza fino a 2 m (Figura 2), l’illuminamento orizzontale al suolo, lungo la linea centrale del tracciato, non deve essere inferiore a 1 lx e la banda centrale, di larghezza pari ad almeno la metà di quella della via di esodo, deve avere un illuminamento non minore del 50% del precedente valore (0,5 lx).

Figura 2 e 3 Illuminazione per l' emergenza

Figura 2 – Illuminamenti richiesti per le vie di esodo secondo la Norma UNI EN 1838. Figura 3 – Tabella con valori limite dei parametri fotometrici richiesti dalla Norma UNI EN 1838 per le vie di esodo

Il flusso erogato dagli apparecchi deve fornire il 50% dell’illuminamento richiesto entro 5 secondi e l’illuminamento completo entro 60 secondi. Oggi si tende ad utilizzare apparecchi forniti di sorgenti LED (Figure 4, 5 e 6) che, a differenza dei tipi a fluorescenza, erogano il massimo del flusso in un tempo molto ridotto.

Nei casi in cui le vie di esodo abbiano larghezza superiore ai 2 metri si scompone la larghezza del percorso in tante porzioni con larghezze pari o inferiori ai 2 metri, e si segue per ognuna la stessa regola.

luce di emergenza

Figure 4 e 5 –Apparecchio ad incasso a tecnologia LED fornito di batteria ricaricabile con diagramma polare delle intensità luminose (fonte Zumtobel)

 

La Norma UNI EN 1838 considera, oltre agli illuminamenti, il grado di abbagliamento debilitante (disability glare).

Figura 6 illuminazione di emergenza

Figura 6 – Apparecchio di segnalazione a forma di cubo per installazione a parete o a filo soffitto (fonte Zumtobel)

La Norma prescrive il controllo delle intensità emesse dagli apparecchi per le vie di esodo e in funzione antipanico. Se le vie di esodo sono su uno stesso livello orizzontale (Figura 7) la loro intensità luminosa, nell’area compresa tra gli angoli di 60° e 90° rispetto all’asse verticale, non deve superare i valori indicati nella tabella (Figura 3) per varie altezze di installazione.

Per tutte le altre vie di esodo o aree con diversa configurazione (Figura 8), i valori limite delle intensità non devono essere superati per qualunque valore dell’angolo sopra indicato.

L’illuminazione antipanico ha lo scopo di evitare che le persone siano colte da timore o sgomento, cioè reazioni che impediscono o riducono la risposta logica e razionale al pericolo. Si deve evitare che il panico ostacoli o disturbi il raggiungimento di un luogo o la pronta individuazione di una sicura via di esodo.

 

figura 7-8 illuminazione di emergenza

Figura 7 – Apparecchi e zone di possibile abbagliamento per le vie di fuga allo stesso livello. Figura 8 – Apparecchi e zone di possibile abbagliamento per le vie di fuga a differenti livelli.  Nelle aree in grigio (entrambe le figure) le intensità luminose devono rispettare i valori limite riportati nella Tabella di Figura 3

 

Sull’intera area l’illuminamento al suolo deve essere almeno pari a 0,5 lx, con l’unica eccezione di una fascia di 0,5 m posta sul perimetro dell’area considerata. L’illuminazione deve avere i seguenti requisiti:

Le soluzioni impiantistiche

Attualmente apparecchi e dispositivi per l’emergenza sono proposti in varie tipologie e modelli. In sintesi le principali tipologie sono le seguenti:

L’apparecchio autonomo è provvisto di tutti gli elementi funzionali: la sorgente luminosa, la batteria ricaricabile, l’unità di comando e di ricarica della batteria, i dispositivi di controllo, prova e segnalazione. L’apparecchio di sicurezza ad alimentazione centralizzata è invece alimentato da un sistema di emergenza esterno in grado di alimentare una serie di apparecchi.

In linea generale, le soluzioni impiantistiche per interni di piccola o media estensione basate sugli apparecchi autonomi sono più semplici ed economiche, offrono ampie garanzie di affidabilità e sono adatte per una grande varietà di ambienti.

Il futuro delle green city? Dagli edifici green alla città sostenibile

Milano testimonial delle green city: mai come oggi, nella metropoli lombarda, pensare e realizzare una città sostenibile significa innescare visioni inclusive di smart building, risparmio energetico e comportamenti virtuosi.

Una sfida importante per il futuro del pianeta, come per la nostra stessa sopravvivenza, che supera la consolidata componente tecnologica per toccare le menti e le azioni dei cittadini, primi interlocutori della trasformazione green.

Ecco il significato del convegno “Green City: the “new normal”. Dagli edifici green alla città sostenibile per tutti” promosso da MCE – Mostra Convegno Expocomfort, Green Building Council e Politecnico di Milano in occasione della Settimana delle Energie Sostenibili, per ribadire la centralità della riqualificazione energetica e delle politiche eco-friendly nel cammino strategico verso le future smart city.

Perché le green city sono “new normal”?

Il significato di “new normal” apre la strada a una visione condivisa della sostenibilità energetica e ambientale su scala urbana. Un rinascimento green che la città di Milano incarna ormai da tempo, espresso dai relatori intervenuti in un affascinante sguardo d’insieme dell’evoluzione della smart city.

convegno Green city MilanoIl fil rouge che collega edifici green e riqualificazione edilizia si chiama efficienza energetica – commenta in apertura Vittorio Chiesa, professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale e direttore dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano -. La gestione dell’energia rappresenta infatti il cuore nevralgico della sostenibilità urbana: il matrimonio tra comfort abitativo e dimensione ambientale si celebra proprio nel sistema-edificio”.

Un cambiamento smart che poggia su 4 fattori:

Dalle tecnologie abilitanti al lato progettuale, fino alla sensibilizzazione dei consumatori, serve ragionare in ottica di integrazione e di interdisciplinarietà, espresse nel dialogo attivo tra architettura, impiantistica, strategie digitali e politiche sociali.

MCE in the City: sostenibilità a misura di cittadino

La necessaria connessione tra green city e consapevolezza dei cittadini emerge anche dalle parole di Massimiliano Pierini, Managing Director di Reed Exhibitions Italia: “Mi piace pensare all’iniziativa di oggi, momento di confronto tra operatori del settore e comunità scientifica, come un trampolino di lancio verso le tematiche che affronteremo a MCE 2020”.

Nella speciale sinergia con la Settimana delle Energie Sostenibili, promossa dal Comune di Milano, la manifestazione MCE in the City punta proprio a toccare la mente degli utenti finali, verso l’adozione di tecnologie e comportamenti virtuosi.

“Un cambio di rotta doveroso, per chi come noi ha il compito di portare cultura anche attraverso gli appuntamenti fieristici – aggiunge Pierini -. Ecco la molla che ci ha spinto a creare, già nel 2018, questa “connessione” con i cittadini milanesi, attraverso postazioni che spiegano loro come utilizzare l’energia in modo responsabile e migliorare la qualità dell’aria”.

Non è un caso, dunque, che il viaggio italiano e internazionale delle green city parta da Milano, centro urbano all’avanguardia nella mobilità elettrica, nella riqualificazione energetica e nella digitalizzazione di processi e servizi.

green city convegnoMilano è da sempre la città delle mille opportunità, ma anche dei mille riscaldamenti accesi e del grigiore dovuto all’inquinamento – commenta Giuliano Dall’Ò, presidente di Green Building Council Italia -. Pensarla “new normal” significa considerare invece positivamente i traguardi degli ultimi anni, perché si prosegua in questa direzione green. La giornata di oggi vuole essere un tributo a questa città policentrica, emblema di modernità, efficienza e trasformazione digitale”.

Il successo di un intervento urbanistico, secondo il presidente Dall’Ò, si misura dalla partecipazione dei cittadini: altro obiettivo raggiunto, a giudicare dal successo delle recenti opere di riqualificazione di alcuni quartieri chiave di Milano. Un tema, quello del verde che “combatte” il grigiore delle metropoli, particolarmente caro anche all’architetto Stefano Boeri, intervenuto tramite un video per sottolineare come lo sviluppo di “foreste” urbane (vedi il Bosco Verticale), sia innegabilmente legato al concetto di comunità.

Senza il diretto coinvolgimento dei cittadini nella cultura della sostenibilità e del verde, non potrebbero infatti nascere stili di vita più sostenibili e, di conseguenza, esempi virtuosi come il famoso condominio milanese.

Green city significa ripensare i centri urbani attraverso una visione inclusiva e condivisa della sostenibilità ambientale ed energetica

Green city: le 12 sfide urbane per lo sviluppo sostenibile

Spetta a Edoardo Croci, docente della Bocconi, rappresentante del Gruppo di Lavoro SDG11 di ASviS e presidente della Fondazione Ambiente Milano, collocare quanto osservato dai precedenti relatori nel concreto di quanto previsto dalle due agende urbane, quella dell’ONU e in particolare quella dell’Unione Europea, che condividono l’identica visione di uno sviluppo sostenibile, inclusivo e integrato delle nostre città.

Ecco le 12 sfide lanciate alle città europee dal “Patto di Amsterdam” del 2016:

“Milano sta facendo la sua parte in quest’ottica – conclude Marco Granelli, Assessore a Mobilità e Ambiente del capoluogo lombardo -. La mobilità elettrica nel trasporto urbano e la riqualificazione degli impianti di riscaldamento di migliaia di alloggi pubblici sono i primi e simbolici passi di una sfida sostenibile che investirà quasi interamente il patrimonio edilizio di Milano. Solo una grande alleanza tra istituzioni, cittadini e imprese può aiutare la nostra green city a raggiungere nuovi obiettivi di efficienza, benessere e tutela ambientale”.

La mobilità elettrica? È un concetto olistico

Repower ha una lunga storia che s’intreccia con la mobilità elettrica sin dalla sua nascita, nel 1904, quando la prima centrale del gruppo servì ad alimentare lo storico trenino rosso del Bernina.

A distanza di 115 anni la vocazione del gruppo energetico svizzero per la e-mobility si è rafforzata. In Italia, mercato strategico, si lavora attivamente per lo sviluppo di questo settore, su cui il gruppo si è mosso attivamente dal 2010. È partita con Palina, che oggi trova spazio al Museo dell’Automobile di Torino quale prima torretta per la ricarica delle auto elettriche. Non solo: la prima auto elettrica venduta in Italia era “targata” Powered by Repower. Oggi conta su centinaia di colonnine di ricarica ed è in grado di proporre una gamma completa di electric vehicle che vanno dalla navigazione, con Repowere, la prima barca completamente full electric, ai nuovissimi Cargo Bike Lambrogio e Lambrogino, a firma dall’architetto e designer Makio Hasuike.

È un approccio olistico che va ad abbracciare vari campi, ambiti e competenze. Lo ha evidenziato Fabio Bocchiola, direttore Repower Italia, in occasione della presentazione del Rapporto “La mobilità sostenibile e veicoli elettrici”, giunto alla terza edizione.

È lui a sottolineare come i campi di applicazione del Gruppo ormai non si possano considerare a porte stagne: «sono convinto che mobilità ed energia andranno di pari passo, si sovrapporranno, sono due mondi che sempre più devono rispondere a istanze che non si limitano alla semplice funzionalità dei mezzi ma devono rispondere sempre più a criteri di efficienza energetica, sostenibilità e di migliore qualità della vita di tutti noi».

Intermodalità, il punto chiave del trasporto

Fabio Bocchiola Convegno mobilità elettricaNel suo intervento parte da una riflessione spazio-temporale per giungere al concetto secondo cui nella mobilità «non c’è più bisogno di comprimere tempi di trasporto, ma si deve cogliere la qualità, la fruibilità del mezzo utilizzato in termini di efficienza e di sostenibilità. Siamo convinti che la mobilità non sia più una semplice soluzione tecnologica, sia pure rivoluzionaria, ma un’interazione, un insieme di elementi interconnessi».

Introducendo il white paper, Bocchiola si sofferma sulle soluzioni per l’e-mobility, sulle trasformazioni in atto nel mondo, in Cina innanzitutto, oggi principale mercato delle auto elettriche.
Ma il concetto fondamentale è che in questo mondo in costante evoluzione l’intermodalità diventa il presupposto strategico. Il focus non è più sul prodotto, ma sul servizio.

A proposito di interazione nella mobilità, anche rispetto al mondo dell’energia si sta aprendo un mondo fatto di prosumer, di micro e smart grid, in cui l’auto elettrica potrà svolgere anch’essa un ruolo importante. Che ne pensa?

Siamo molto attenti al tema dei prosumer, all’idea di creare collettività di consumatori che possano intervenire per ottimizzare correttamente i loro consumi. Certo, fare sperimentazione – come oggi avviene – è un compito che spetta ai grandi distributori, che possono farlo su grandi numeri.
Questa fase sperimentale vale anche nel mondo dell’auto. È ancora tutto prematuro, occorre attendere perché si creino opportunità praticabili ed economicamente sostenibili, ma si sta lavorando su questo. In Svizzera hanno sviluppato un sistema che raccoglie i vari utenti produttori fotovoltaici e rivende questa capacità alla rete in determinati momenti. Anche l’opzione collegata “fotovoltaico e accumulo”, purché ancora di nicchia, si sta sviluppando, anche grazie ai costi delle batterie in netto calo.

Quali saranno le soluzioni che avranno maggiore riscontro in tema di infrastruttura di mobilità elettrica?

Avremo tre grandi famiglie di infrastrutture: quella pubblica, anche in termini di fast recharge specie sulle grandi arterie; quella domestica; quella che nasce dalla combinazione pubblico-privato come ristoranti, alberghi o centri commerciali dove le persone possono lasciare le proprie vetture e fare la ricarica temporanea.

In Italia, secondo lei, quali saranno i fattori trainanti che favoriranno il passaggio alla e-mobility?

Sull’Italia sono molto ottimista. Pur essendo un Paese dalle forti luci e ombre, sa esprimere potenzialità importanti. Penso, per esempio, a Milano, città che in termini di varietà di mobilità intermodale non ha nulla da invidiare alle più importanti città mondiale. Credo che l’introduzione di elementi normativi possa essere utile a supporto, è fondamentale anche un cambio culturale, ma siamo ben avviati.

Repower che ruolo potrà avere in questa transizione?

Noi mettiamo tanta passione sul tema, non ci accontentiamo di realizzare soluzioni per la mobilità elettrica solo perché è un tema di tendenza. Per Repower ci deve essere un elemento concettuale dietro a ogni tecnologia. Da Palina a Repowere sono tutte realizzazioni che vanno al di là della semplice funzionalità dell’oggetto. C’è tanto design, ed è un elemento che a noi interessa perché vogliamo dare elementi supplementari alle realizzazioni, intendendoli come veri e propri linguaggi.

Serrature intelligenti, BlueCon elimina le chiavi di casa

La nuova tecnologia Schüco BlueCon è pensata per aprire automaticamente la porta di casa sfruttando il proprio smartphone.
Il sistema è infatti in grado di riconoscere la app Schüco BlueCon (disponibile sia per device iOS che Android), e sbloccare la serratura motorizzata nel momento in cui l’utente entra nel raggio di rilevamento. L’apertura della porta può essere gestita sia in modalità manuale, con un semplice tocco sull’app, sia in modalità automatica, con la quale basta la vicinanza dello smartphone – che può essere tenuto in tasca – per permettere lo sblocco della serratura. Schüco BlueCon può essere inoltre controllato tramite Apple Watch.
Il sistema è stato pensato per essere di facile installazione: la serratura intelligente è infatti a scomparsa, quindi non è necessario effettuare interventi o modifiche sulla porta. Può essere integrato quindi sia sulle nuove soluzioni, sia su porte d’ingresso già esistenti che prevedano una serratura motorizzata o dei collegamenti elettrici.

BlueCon apre solo quando è necessario

Con Schüco BlueCon lo sblocco della serratura si attiva solo quando ci si avvicina alla porta per la prima volta. Per poterla nuovamente aprire è necessario allontanarsi dal raggio di rilevamento, programmabile a piacere, e riavvicinarsi: la funzione di geolocalizzazione, infatti, rileva la posizione dello smartphone ed evita aperture indesiderate quando si passa nei pressi dell’ingresso.

Schueco BlueCon BluetoothGrazie alla doppia tecnologia di crittografia AES a 128 bit, Schüco BlueCon è a prova di hackeraggio e risponde ai più elevati standard di sicurezza: da un lato la crittografia digitale si rinnova ogni 24 ore, dall’altro il sistema può essere ripristinato alle impostazioni di fabbrica solamente dall’amministratore, così in caso di smarrimento dello smartphone nessuno potrà modificare la password di accesso dall’app né potrà intervenire sulle impostazioni del modulo.

Il proprietario di casa può garantire a tutti (familiari, ospiti, addetti alle pulizie e personale tecnico) l’accesso all’abitazione anche in sua assenza. A ciascuno può essere data una password di accesso di tipo permanente, per periodi ricorrenti o limitata nel tempo, la quale può essere facilmente revocata con pochi clic. Il sistema, inoltre, avvisa il proprietario ogni volta che viene azionato lo sblocco e offre una panoramica completa dei movimenti nel registro delle attività, facilmente consultabile dall’app.
Schuco BlueCon può essere usato anche dove ci sono frequenti cambiamenti nell’accesso, come nelle case per le vacanze. La tecnologia, ad esempio, può essere collegata al portale di home sharing Airbnb: i proprietari delle abitazioni possono utilizzare l’app Schüco per assegnare e inviare agli ospiti autorizzazioni di accesso valide per un limitato periodo di tempo, rendendo superfluo il coordinamento della consegna delle chiavi di persona.

Fabbrica connessa in pratica: cosa significa EcoStruxure

La fabbrica connessa conviene? Sì, quando le aziende sposano la convergenza di competenze e tecnologie che ne costituisce il pieno, e dirompente, potenziale. Uno sfidante percorso di “appropriazione” della trasformazione digitale che trova nella partnership tra Schneider Electric e nuovo SMACT Competence Center di Padova un valido strumento formativo, divulgativo e imprenditoriale per l’evoluzione smart delle pmi italiane.

L’iniziativa veneta – aggregato di esperienze 4.0 di aziende, università e centri di ricerca impegnati nella digitalizzazione dell’industria -, incontra così la solida value proposition di Schneider Electric che, a partire dalla piattaforma tecnologica EcoStruxure, punta allo sviluppo di competenze trasversali, come ponte tra scuola e mondo del lavoro, supportando al contempo le aziende nella concreta possibilità di “fare” smart manufacturing.

I 5 trend della trasformazione digitale

Una contaminazione tra visioni, tecnologie e mercati immediatamente tangibile nel primo passo della collaborazione con SMACT, la proposta formativa Accademia Industria 4.0, nella sua inedita edizione per gli ITS del Triveneto. Ad accompagnare la giornata conclusiva della settimana, dedicata alla presentazione dei progetti elaborati dai 36 studenti coinvolti, un interessante approfondimento sui trend della connettività in ambito industriale e sulle soluzioni tecnologiche applicative legate all’automazione targata EcoStruxure.

Trend digitali fabbrica connessa

In particolare, la filosofia di EcoStruxure si basa su una precisa analisi della trasformazione digitale in ambito industriale, riconducibile a 5 trend tecnologici:

Fabbrica connessa in pratica: cosa significa EcoStruxure

Schneider Electric ha fatto proprie queste tendenze globali trasformandole, appunto, in EcoStruxure. Una rivoluzione digitale che interseca ogni segmento aziendale su tre livelli: i prodotti connessi sul campo, predisposti a infrastrutture IoT; l’edge control, ovvero le piattaforme che abilitano la convergenza tra IT e OT, e il vertice della fabbrica connessa, fatto di app, analytics e servizi digitali.

EcoStruxure associa alle tecnologie per l’interconnessione di prodotti e processi industriali nuovi modelli di business fondati sull’ottimizzazione di linee produttive e gestione operativa della fabbrica, senza dimenticare i vantaggi in termini di efficienza energetica e sostenibilità ambientale.

Ne risulta un ecosistema di prodotti, soluzioni e servizi necessariamente concatenato all’integrazione, nel capitale umano, di competenze polivalenti, soft skill e team working, fattori chiave del futuro delle eccellenze industriali italiane.

Fabbrica connessa con EcoStruxure: così Schneider Electric supporta la trasformazione digitale in Italia

Illuminazione integrata e connessa per edifici smart

La tecnologia è come il tempo, inarrestabile, a volte procede veloce a volte più lentamente, ma sempre rivolta in avanti. Dalla lampadina alla alogena al LED, l’evoluzione delle sorgenti ha fatto passi enormi. Allo stesso modo si è trasformata l’illuminazione e sistemi di controllo puntando su integrazione e connessione. La tecnologia LED consente una flessibilità e una gestione del flusso luminoso millimetrica.

Protocollo Dali: struttura semplice di controllo degli scenari luminosi

Pensiamo al protocollo DALI (Digital addressable lighting interface), una tecnologia collaudata e integrata per sistemi complessi di illuminazione. Favorito da una struttura semplice il bus DALI è ideale per controllare locali piuttosto grandi o per funzionare, tramite un gateway, come sottosistema di un sistema di automazione degli edifici. Per i costi ridotti le installazioni di questi protocolli sono anche adatte a sistemi molto piccoli, limitati alle singole stanze di una casa o un albergo.

Con il protocollo DALI una sequenza completa di dati, denominata forward frame, contiene l’indirizzo dell’utenza seguito da un ordine. Ordini tipici sono accensione/spegnimento o regolazione di una lampada. È anche possibile scegliere fino a 16 scenari d’illuminazione predefiniti o impostarne di personalizzati, secondo le necessità del progettista.

Al protocollo DALI sono stati poi affiancati, in parallelo, anche altri sistemi di regolazione come quello per le tende, per il controllo della luce naturale, o per il clima interno. Se pensiamo alla gestione delle tende non dobbiamo ragionare in termini domestici, bensì riferirci a uffici, ospedali o sale d’aspetto. Ambienti in cui la luce naturale entra copiosa dalle ampie superfici vetrate dell’edificio, come il classico curtain wall o una fitta sequenza di finestre e che necessitano di un controllo e una gestione mirata.

Controllare la luce: regolare il benessere visivo e ambientale

L’evoluzione dei protocolli e dei sistemi di gestione/controllo ha portato un conseguente adeguamento del mercato capace di offrire soluzioni su misura, e al contempo più complesse, ma fornite di interfacce molto intuitive. Ne sono un esempio i sistemi gestionali messi a punto da Lutron o Gewiss, per citare due aziende tra le più conosciute, che puntano tutto su un approccio consapevole e integrato. Oltre a questo, si sta verificando una maggiore semplificazione e velocizzazione dei lavori impiantistici e d’installazione, ma questo merita un approfondimento a parte, relativo alla semplificazione costruttiva e progettuale.

LUTRON Pico Wireless ControlL’esempio americano di Lutron

Uno tra i maggiori player che ha in catalogo prodotti, sotto protocollo DALI, totalmente wireless è Lutron. L’azienda americana, da sempre all’avanguardia nei sistemi di gestione della luce, come l’invenzione del classico dimmer a rotella, ha da poco presentato Pico Wireless. Questo è un sistema composto da placche, interruttori e sensori completamente senza cavi, capace di adattarsi al contesto e modificarsi al divenire delle esigenze distributive.

La grande, e nuova, sensibilità ambientale che si sta diffondendo a tutti i livelli ha portato a una maggiore consapevolezza sul risparmio energetico o, quantomeno, a una migliore gestione delle risorse e delle fonti energetiche.

GEWISS chorusLa risposta, esteticamente perfetta, dell’italiana Gewiss

Gewiss con il suo sistema Chorus Home Automation Bus KNX Easy, esteticamente perfetto e tecnologicamente evoluto, ha definito un gestionale per tutti i dispostivi di una casa o un ufficio, dall’illuminazione all’automazione di tende e tapparelle, alla sicurezza alla gestione del comfort.

Chorus è completamente gestibile dallo smartphone grazie alla App dedicata Happyhome, che consente di controllare: le zone, le funzioni, i consumi e gli scenari preimpostati.

L’elegante placca in vetro nero, bianco o titanio, contiene sei icone molto intuitive che permettono la gestione del comfort ambientale.

Gestione IoT del comfort ambientale firmato Artemide

Per dare concretezza a quanto scritto, è necessario raccontare brevemente un interessante case study che esprime al meglio i concetti di comfort ambientale, smart office e risparmio energetico: la sede Microsoft a Milano. Questa è stata illuminata da Artemide, storica azienda di illuminazione decorativa che dal 1997 ha avviato la divisione architetturale che comprende sistemi gestionali evoluti definiti appositamente per questi ambiti. Il sistema pensato per Microsoft comprende diversi scenari, basati sugli spazi funzionali e operativi in cui è inserito, come open space, spazi comuni o uffici personali.

Artemide per questo edificio (design: Herzog & De Meuron) ha impiegato i moduli Algoritmo e Target Point a emissione controllata, adatti per illuminare le postazioni di lavoro. Ciascun modulo è dotato di sensori integrati di rilevazione delle presenze e di variazione della luce naturale. Il sistema rileva e gestisce la qualità di luce in modo puntuale e integrato, facendo dialogare i diversi apparecchi.

Microsoft Illuminazione Artemide

La progettazione dei possibili scenari di interazione crea uno spazio a luce dinamica, mantenendo un’alta qualità ambientale, frutto della ricerca sulla Human Centric Light.

Quello messo a punto da Artemide è un sistema capace di registrare le variazioni ambientali e integrarle per mantenere un equilibrio dinamico rispetto a valori determinati. A partire da dati preimpostati, il sistema IoT bilancia le prestazioni dei singoli apparecchi per mantenere attivi i parametri desiderati. Inoltre, è capace di reagire autonomamente per collaborare con la luce naturale o compensare l’intervento con altre sorgenti artificiali.

Un progetto attentamente smart, ed efficiente, di perfetta integrazione tra architettura e illuminazione.

illuminazione di Artemide per sede Microsoft

Nuove scatole per sensori e IoT

I nuovi contenitori ventilati per sensori miniaturizzati 1551V della Hammond Electronics sono progettati per alloggiare i sensori e i piccoli sotto-sistemi installati in un ambiente di produzione di sistemi IoT.

Scatole IoT Hammond ElectronicsPer quanto non vi sia alcuno standard internazionale corrispondente, i contenitori 1551V sono progettati per alloggiare PCB di dimensioni compatibili con quelle utilizzate dai principali produttori di sensori per i loro prodotti di ultima generazione. Il modello ABS UL94-HB 1551V è disponibile come standard in tre colori: nero, grigio e bianco. Tutte le scatole sono da 20 mm di altezza.

La base è disponibile nel formato da 80×80 mm, 80×40 mm, 60×60 mm e 40×40 mm, ed è in grado di alloggiare PCB con dimensioni di 6 mm inferiori. La base è dotata di quattro distanziali per il montaggio del PCB mentre i 20 mm di altezza garantiscono spazio sufficiente per l’integrazione nella scheda delle interfacce di comunicazione standard come RJ45, USB o altro.

La chiusura a scatto semplifica l’accesso e consente di aprire e chiudere ripetutamente il contenitore senza bisogno di utensili. Sulle quattro superfici laterali del coperchio sono presenti i fori di ventilazione mentre sulla base sono presenti le guide scanalate per il montaggio a parete e la predisposizione per un foro da 15 mm per il passaggio del cavo.

In queste scatole generalmente vengono installati sensori ambientali per la rilevazione dei valori essenziali come temperatura, umidità e pressione. Negli ultimi tempi questi sensori sono diventati sotto-sistemi molto intelligenti, con capacità di comunicazione e di elaborazione dei dati integrate su di un piccolo circuito stampato. Il contenitore 1551V garantisce un ottimo flusso d’aria per il raffreddamento dei componenti attivi che producono quantità relativamente grandi di calore residuo.

Mobilità elettrica, ecco i fattori che l’aiuteranno ad affermarsi

La mobilità elettrica sta crescendo. Ormai ci sono molti indizi di una sua affermazione anche a livello di visibilità. L’auto dell’anno? È la Jaguar I-Pace. L’auto più veloce al mondo? L’hypercar Pininfarina Battista. Entrambe sono 100%… a spina. Persino l’agente 007 nel prossimo film si muoverà su un’auto elettrica.

Sono tutti sintomi di un profondo cambiamento che si ritrova nell’ultimo rapporto RepowerLa mobilità sostenibile e i veicoli elettrici” giunto alla terza edizione. Sotto forma di white paper, il documento è una interessante sintesi di scenari, prospettive, tendenze, che mostrano un quadro sul momento che vive l’e-mobility.

Leggendo tra le righe, si possono trovare i fattori che porteranno la mobilità elettrica ad affermarsi.

Mobilità elettrica: auto, i dati parlano di crescita

crescita auto elettriche mondoNel 2018 sulle strade del mondo circolavano più di tre milioni di auto elettriche, riporta il white paper Repower ricordando quanto emerge dallo IEA Global EV (Electric Vehicle) Outlook 2018. Si tratta di un incremento del 50% rispetto al 2017. Le vendite hanno raggiunto quota 1,6 milioni di veicoli, pari al 2% delle vendite complessive di automobili. Numeri ancora piccoli, certo, ma significativi. Si fa largo l’e-mobility a quattro ruote anche grazie a una maggiore scelta: i modelli proposti dalle case automobilistiche erano 155 a fine 2017, nel 2022 si prevede saranno 289.

La Cina ha un effetto trainante a livello globale, grazie al suo mercato già oggi notevole, ma che aumenterà a livelli record nei prossimi anni. Solo considerando i dati 2017 delle vendite di veicoli elettrici a livello globale, più della metà delle vendite sono state realizzate in sei città cinesi. Lo rileva l’Electric Vehicle Outlook 2018 di Bloomberg New Energy. Grazie al “fattore cinese” e al trend innescato in molti altri Paesi mondiali, nel 2025 si prevede di superare gli 11 milioni di veicoli, per arrivare ai 30 milioni nel 2030 e 559 milioni nel 2040, quando le battery electric vehicles costituiranno il 55% delle vendite del nuovo e toccheranno il tetto del 33% della flotta globale.

Secondo il “Race 2050 – A vision for the European automotive industry” del McKinsey Center for Future Mobility, la crescita più imponente è avvenuta in Cina, dove si è avuta una crescita del 1097%, confrontando i dati 2014 a quelli 2017. In Europa, nello stesso periodo, l’aumento è stato del 145%, negli USA +67%.

Sul mercato italiano, rispetto al 2017, le immatricolazioni di full electric sono passate da 2.020 a 4.996, siglando nel 2018 un +147,3%. Gli indicatori, dunque, fanno pensare a una sempre più diffusa propensione all’acquisto dell’elettrico. Va comunque ricordato, segnala Repower, che: “il passaggio ‘intermedio’ all’ibrido plug-in, per effetto della sindrome da range anxiety o, più semplicemente, per i costi all’acquisto più contenuti rispetto a quelli dei veicoli full electric – è una tendenza che ha modificato e sta ancora modificando gli scenari del mercato italiano, nonostante sia destinata a ridimensionarsi nel tempo”.
Intanto le immatricolazioni di ibride plug-in sono passate da 2.865 (2017) a 4.569 (2018).

In ogni caso si deve ragionare in prospettiva per lo sviluppo della mobilità elettrica. Sulla base di quanto stimato dall’“E-mobility Report 2018” del Politecnico di Milano, in termini di scenari di sviluppo del settore (base, moderato e accelerato) in Italia si assisterà a un impatto “reale” della mobilità elettrica intorno al 2025, con una crescita molto sostenuta al 2030.

Mobilità elettrica e digitale, l’unione fa la forza

ricarica veicoli elettriciSe si vanno poi a considerare gli scenari, uno spunto interessante lo offre ancora la ricerca McKinsey. Essa individua alcuni megatrend, primo dei quali è la sostenibilità, e altri a valenza disruptive, tra loro collegati: uno di questi è la mobilità elettrica, affiancato da guida autonoma, connettività e mobilità condivisa.

In questi scenari si evidenzia un legame forte tra mobilità elettrica e digitale. L’e-mobility pare aver colto rapidamente le opportunità del mondo digitale, in termini di servizi, capace di fornire già oggi soluzioni ma soprattutto pronto a rispondere a bisogni sempre nuovi, “in linea con il consolidamento di un rinnovato approccio alla modalità di ricarica”. In pratica, l’automobilista elettrico non dovrà recarsi per forza a dei punti di erogazione, come avviene oggi con i distributori per le auto tradizionali.

Con l’e-mobility i punti di ricarica saranno posti nei punti d’interesse di vita quotidiana come il supermercato, lo stesso ufficio o luogo di lavoro, persino il cinema.

Il traino delle aziende all’e-mobility

A sostenere lo sviluppo degli electric vehicle saranno le aziende e i comparti e servizi collegati. Uno tra questi è il leasing, che si rivolge prevalentemente al mondo aziendale e che offre un vantaggio: i costi del noleggio sono molto più convenienti rispetto a quelli d’acquisto di un’auto.

Riguardo alle electric vehicle, l’associazione di categoria Assilea rileva che il mercato italiano del leasing 2018 ha riscontrato una crescita del +5,3% in valore e del +2,7% nel numero di contratti stipulati rispetto al 2017. Questi ultimi sono stati oltre 724mila. Nel white paper Repower è segnalato, inoltre, che nel quinquennio 2012-2018, il peso del leasing sugli investimenti è cresciuto dal 12,6% al 16,3%.

A proposito di digitale, alle aziende offre la possibilità di gestire e ottimizzare l’operatività delle flotte. Ulteriore motivo di apprezzamento è il fatto che l’e-mobility ha il suo valore nella riduzione dei consumi e in termini d’impatto ambientale. Entrambi questi aspetti sono rilevanti per le imprese, che possono spenderselo bene. È un motivo che sta inducendo anche le società di noleggio a lungo termine ad attrezzarsi per andare incontro alle nuove esigenze di mercato.

DM 37/08: indicazioni dal MISE sulle abilitazioni limitate

Il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha fornito alcuni chiarimenti circa la possibilità che le imprese di installazioni impianti possano o meno essere abilitate ai sensi del DM 37/08 anziché per interi settori, anche per specifici ambiti di ciascun settore, le abilitazioni limitate, a seguito di alcune richieste di Confartigianato Impianti e CNA Installazione Impianti.

DM 37/08: indicazioni dal MISE

Nella circolare  3717 del 13 marzo 2019 vengono fornite indicazioni relative a:

Lettera A (impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere) può essere consentito di rilasciare sia un’abilitazione per l’intera lettera (l’impresa è nelle condizioni di poter svolgere l’attività di installazione di tutti gli impianti specificati) sia una abilitazione parziale, limitata ad una singola tipologia o più tipologie di impianti

Lettera B (impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere) e Lettera C (impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali) può essere consentita un’abilitazione piena o limitata a singole tipologie di impianti

Per quanto riguarda la Lettera C è bene sottolineare che il MISE ha comunicato che l’attività relativa alla realizzazione delle opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense e di ventilazione ed aerazione dei locali non possa essere scissa rispetto all’intero settore o alla singola tipologia di impianti (cioè impianti di riscaldamento o di climatizzazione o di condizionamento o di refrigerazione) per il quale l’interessato fosse abilitato.
Questo significa che l’abilitazione all’installazione degli impianti di riscaldamento ricopre anche l’abilitazione alla realizzazione delle relative opere di evacuazione, di ventilazione e di areazione predette.

Lettera D (impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie) solo abilitazione piena

Lettera E (impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali) solo un’abilitazione piena

Lettera G (impianti di protezione antincendio) solo abilitazione piena.

Resta ovviamente inteso che affinché un soggetto possa essere abilitato a svolgere l’attività di settore occorre che lo stesso abbia i necessari requisiti tecnico professionali.

La smart city incontra la mobilità urbana sostenibile

Smart city, edifici intelligenti e mobilità urbana sostenibile sono alcuni dei trend che stanno cambiando radicalmente il quotidiano e le nostre vite. L’evoluzione tecnologica e digitale è in grado di rispondere a questa trasformazione, ma è necessario un cambiamento culturale che rimetta al centro le persone e i relativi bisogni.

La città del futuro si muove, dunque, di pari passo con la sostenibilità: i cittadini si riappropriano degli spazi e del proprio tempo, mentre smart building e smart mobility si integrano per rendere la vita comoda, connessa e sostenibile.

Sono queste alcune delle tematiche su cui si è sviluppata la tavola rotonda – organizzata dalla start up GaiaGo – Smart City >> Mobility Platform, tenutasi presso lo spazio Copernico Isola di Milano in occasione di Milano Digital Week.

Che cos’è una smart city?

Di smart city si parla ormai parecchio, ma è bene capire cosa si intenda veramente, in quanto è molto più di una città digitale.

tavola rotonda smart city e mobilità“Non è semplice dare una risposta a questa domanda: la smart city rappresenta un nuovo concetto di vivere basato sulla sinergia tra innovazione e sostenibilità, dove l’essere umano non subisce la tecnologia, ma la coniuga attraverso le proprie necessità. – ha sottolineato Massimiliano Mandarini, Consigliere al GBC Italia, nonché professore del Politecnico di Milano e Founder di GreenSmartLiving – La strada italiana è quella di ricondividere, riadattare il patrimonio esistente, ma declinandolo e sviluppandolo secondo ciò che serve alle persone, all’economia, alla società”.

Questo significa che non bisogna puntare unicamente su buoni prodotti edilizi, architettonicamente di qualità, ma è necessario unire la sostenibilità e la smartness, attraverso una visione che le faccia interagire: una visione a 360 gradi, una simbiosi tra natura e tecnologia.
Ma la smart city necessita anche di soluzioni al servizio di comunità connesse ed evolute, di una mobilità urbana efficiente e conveniente, dove l’uomo ha la possibilità di scegliere grazie a un uso consapevole di piattaforme e infrastrutture.

Come sottolinea Massimo Dal Checco – Presidente del Gruppo ICT e Servizi alle Imprese di Assolombarda Confindustria Milano, Monza e Brianza, Lodi – sono necessarie delle regole per disegnare le città del futuro, ma non devono essere complesse poiché l’ingrediente principale è la consapevolezza, l’intelligenza delle persone. Pensiero condiviso da Federico Cassani – Founder di MIC: Mobility in Chain – il quale aggiunge che è necessario pianificare le città on demand, basandosi sulle richieste delle persone.

Una città si considera smart quando gestisce in maniera innovativa le risorse economiche e ambientali, le politiche abitative e i trasporti, le relazioni tra le persone e i metodi di amministrazione. Questo significa che l’effettivo sviluppo implica un percorso continuo di innovazione che si traduca in nuovi servizi con il coinvolgimento dei cittadini nei processi di governo e un monitoraggio dei bisogni reali.

Il ruolo della mobilità

Il concetto di città intelligente si utilizza per illustrare nuove strategie di sviluppo urbanistico, che hanno l’obiettivo di migliorare l’architettura, la mobilità e le infrastrutture.

Smart city significa interconnettere, mettere a disposizione servizi, pianificare gli spazi e ovviamente gestire la mobilità. – ha sottolineato Giorgio Meszely, CEO di GaiaGo e moderatore della tavola rotonda – La mobilità diventa il vettore della smart city. La possibilità di scegliere come muoversi consente di migliorare sensibilmente la qualità della vita”.

Sono però necessarie risposte rapide, efficaci e condivise per trasformare la mobilità abbassando i costi e rendendo le nuove soluzioni alla portata di tutti con l’obiettivo di rendere la mobilità sostenibile non solo da un punto di vista ambientale, ma accessibile a tutti, democratica. In altre parole, fruibile facilmente, a costi contenuti e basata su una piattaforma libera. Per certi versi, è simile all’approccio di Netflix nei confronti della fruizione di contenuti audiovisivi.

Concetto sottolineato da Federico Cassani, che ritiene sia necessario promuovere una mobilità che renda la vita delle persone comoda, connessa e sostenibile. È necessario pensare a una mobilità intelligente sia dal punto di vista urbanistico, sia sociale.

La mobilità sposa lo sharing elettrico

Possedere un’automobile di proprietà non è più un bisogno primario dalle nuove generazioni, e lo sarà sempre meno: si stima che nel 2025 il 35% della popolazione utilizzerà un’auto elettrica per spostarsi, e probabilmente utilizzerà un veicolo con guida autonoma non di proprietà.

Questo stravolge l’idea stessa di mobilità urbana, ma soprattutto cambia il volto delle città in cui viviamo.

Già negli ultimi anni stiamo assistendo a una vera e propria trasformazione in ottica green ed efficiente: in molti centri urbani si è diffuso il sistema del car sharing, ovvero di mobilità condivisa prenotabile in qualsiasi momento attraverso una semplice App. Ma questo è solo l’inizio, perché il prossimo passo è portare lo sharing della mobilità su un piano più vicino al cittadino, una mobilità condivisa condominiale on demand.

Giorgio Meszley GaiaGo

Giorgio Meszley, Ceo di GaiaGo moderatore della tavola rotonda “Smart City – Mobility Platform”

“Siamo davanti a un cambiamento culturale epocale dell’ecosistema mobilità. Il paradigma stesso alla sua base sta cambiando. – ha sottolineato Giorgio Meszely – Si passa dalla proprietà all’uso di veicoli a zero emissioni e iperconnessi con le infrastrutture della città; puntiamo sul car sharing elettrico residenziale per piccole comunità socialmente responsabili, come hotel, aziende o condomini. Spinti dalla rivoluzione digitale, la missione è rendere la vita delle persone comoda, connessa e sostenibile attraverso soluzioni di mobilità elettrica as a service”.

Ma i produttori di automobili cosa ne pensano di questo cambiamento? Lo temono? Secondo Nicola Marsala, Head of After sales Kia Motors Italia, il settore automobilistico sta già rispondendo non solo attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie sempre più performanti, ma anche con nuovi modelli di business.

“Le società che offrono servizi di car sharing presentano conti in rosso su quel business. È necessario vendere connettività e pensare a integrare servizi a valore aggiunto come quelli assicurativi e immobiliari. – ha spiegato Marsala – Ciò che cambierà sarà l’acquirente finale: non più i cittadini, ma le amministrazioni, i governi e le piattaforme di condivisione intelligente come GaiaGo”.

La condivisione dei mezzi,supportata da piattaforme digitali, sta cambiando l’approccio all’automobile: la visione proposta da GaiaGo vede nella convergenza intersettoriale il punto di svolta per la smart mobility, creando le basi per la mobilità a misura di cittadino.