Il 48% dei comuni italiani ha già avviato almeno un progetto Smart City negli ultimi tre anni, ma il 63% delle iniziative risulta ancora in fase sperimentale.
Ma quali le iniziative in questi ultimi tre anni?
Nel 52 % dei comuni ha puntato sull’illuminazione intelligente, seguono i servizi turistici, la raccolta rifiuti, la gestione del traffico e dei parcheggi e la sicurezza.
Il 2018 sembra un anno promettente per lo sviluppo, tre comuni su quattro hanno in programma nuovi progetti per rendere le città intelligenti, tuttavia resta la difficoltà ad estendere le sperimentazioni all’intero territorio integrandole in una strategia di lungo termine.
Questi sono alcuni risultati della ricerca sulla Smart City dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi al convegno “Smart City in cerca d’autore: quali strategie per (ri)partire?”.
Ci sono segnali di miglioramento, purtroppo però le Smart City in Italia non hanno ancora spiccato il salto di qualità in termini di maturità dei progetti.
Le principali barriere che sono emerse sono: la mancanza di risorse economiche e di competenze, il problema trasversale della governance, a causa dell’alternarsi di amministrazioni diverse in pochi anni e la moltitudine di attori proprietari degli asset sul territorio.
Queste ragioni rendono difficile la gestione dei progetti che si arenano proprio perché non economicamente sostenibili.
Durante il convegno è stato sottolineato come sia difficile riuscire a comprendere realmente i benefici economici che possono portare modelli basati sulle città intelligenti: ad esempio a Milano basterebbero 1-2 anni per ripagare gli investimenti in un progetto di gestione dei parcheggi con sensori per monitorare la disponibilità di singoli posti auto e App per prenotare e pagare via smartphone; 3-5 anni per l’illuminazione intelligente con l’installazione di lampioni che adattano l’intensità alla luminosità dell’ambiente; 6-9 anni per soluzioni di Smart Building in edifici pubblici.
Ma i vantaggi non finiscono certo qui, infatti una Smart city comporta migliori servizi, sostenibilità e vivibilità.
Alcune città come Milano e Torino, ma anche realtà come Cremona e Firenze, stanno portando avanti programmi sulla scia delle grandi città europee come Barcellona, Amsterdam e Londra, mettendo a fattor comune sia progetti avviati dalla stessa municipalità sia di attori come utility, società di trasporto, aziende che gestiscono la raccolta rifiuti.
“La direzione è quella giusta, ma appare ancora troppo circoscritta per poter cogliere i benefici delle Smart City a livello di sistema Paese. – sottolinea Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Internet of Things – La Smart City in Italia risulta ancora in cerca di autore. Ma i possibili autori sono diversi: i comuni, lo Stato centrale e anche i privati, con cui è necessario sviluppare modelli virtuosi di collaborazione”.
La ricerca dell’Osservatorio Internet of Things rivela che nel 61% dei comuni italiani analizzati non è attiva alcuna iniziativa privata di Smart City, mentre nel 27% dei comuni queste sono attive ma non c’è collaborazione con la Pubblica Amministrazione.
E infine un’ultima nota dolente: la raccolta dei dati!
Risulta, infatti, che due comuni italiani su tre non utilizzano i dati raccolti perdendo importanti opportunità per abilitare nuovi servizi per i cittadini.