Nel comparto energetico l’idrogeno conquisterà il suo spazio

Nel report Global Energy Perspective realizzato da McKinsey, l’idrogeno viene considerato quello con il maggiore tasso di crescita da qui al 2050. Ma se le fonti rinnovabili alla fine prevarranno, per qualche anno ancora petrolio e gas naturale sono destinati a incrementare le proprie quote
Idrogeno come acceleratore della transizione energetica

In un’epoca segnata da innumerevoli incertezze, dal confitto russo-ucraino all’inflazione, disegnare il futuro energetico globale non è compito semplice. Ci ha provato McKinsey, che nel suo rapporto “Global Energy Perspective” ha disegnato cinque possibili scenari, che vanno da una forte decarbonizzazione in linea con gli impegni di azzeramento netto a uno in cui lo slancio per una transizione del sistema energetico globale perde forza.

I numeri contenuti nel report si riferiscono a un quadro intermedio, in cui la transizione verso la decarbonizzazione procederà con un’ulteriore accelerazione, pur non riuscendo a raggiungere tutti gli obiettivi previsti.

McKinsey prevede che la crescita del consumo di energia sarà pari al 14%, raggiungendo una certa stabilità nei prossimi anni, nonostante la popolazione mondiale sia destinata a superare i due miliardi e l’economia globale continui a migliorare. A giustificare un incremento tutto sommato contenuto sarà un notevole passo avanti nell’efficienza energetica in molti settori, in particolare nel riscaldamento degli edifici e nelle automobili.

Energia elettrica e idrogeno al 50%

In questo contesto, il valore che più di altri viene evidenziato è che la combinazione di energia elettrica e idrogeno potrebbe raggiungere nel 2050 una quota intorno al 50%, partendo da circa il 21 per cento di oggi, con la prima che arriverà a pesare per il 40% sul totale e il secondo che potrebbe arrivare al 10%. Numeri di questo genere renderebbero l’idrogeno la fonte energetica con il tasso di crescita medio annuo su anno più elevato: il 6,5%. A calare saranno il gas naturale (-1,9% all’anno), il petrolio (-1,9%) e il carbone (-1,5%).

Questo non accadrà immediatamente, perché sul breve o medio periodo i combustibili fossili sono destinati a crescere ancora. Il petrolio potrebbe raggiungere i suoi picchi di consumo in un lasso di tempo compreso tra due e cinque anni, mentre il gas naturale dovrebbe continuare a salire fino al 2030. Il carbone, invece, ha raggiunto il suo picco nel 2013 e, dopo un temporaneo rimbalzo, dovrebbe riprendere a calare.

Da qui al 2050 continueranno a conquistare rapidamente spazio le fonti rinnovabili, che nel 2050 dovrebbero arrivare a coprire l’80/90 per cento della domanda. La maggior parte di questo incremento dovrebbe arrivare dal solare e dall’eolico on-shore, grazie alla diminuzione dei costi, che dovrebbero rappresentare rispettivamente il 43% e il 26% della generazione. L’eolico off-shore potrebbe invece rimanere limitato a meno del 7% della produzione globale a causa di vincoli di autorizzazione e ostacoli politici, con un potenziale di ulteriore crescita se permarranno vincoli troppo stringenti sull’eolico terrestre.

Mix energetico consumi
Mix energetico globale si sposterà rapidamente verso energia e idrogeno – Fonte McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective 2022

Dall’idrogeno grigio a quello pulito

A conquistare spazio, crescendo di cinque volte rispetto a oggi, dovrebbe essere l’idrogeno, che dal 100% di produzione ricavata con la “steam reformation” (idrogeno grigio con emissioni di carbonio elevate) dovrebbe passare al 60% di produzione pulita nel 2035, per poi raggiungere il 95% nel 2050. Nel solo 2021 i progetti di questo tipo sono triplicati, per una capacità che dovrebbe valere già oggi il 15/20% di quella prevista nel 2035.

La crescita fino a quell’anno dovrebbe essere trainata da settori come il trasporto su strada, dove i veicoli elettrici a celle a combustibile (FCEV) probabilmente sostituiranno i tradizionali camion diesel.

Oltre il 2035, gli impegni del settore privato e pubblico potrebbero guidare l’adozione dell’idrogeno in settori con economia sfavorevole, per esempio quelli aeronautico e marittimo, che probabilmente adotteranno combustibili derivati dall’idrogeno come cherosene e ammoniaca sintetici.

L’idrogeno in Italia

Anche in Italia l’idrogeno dovrebbe diventare protagonista. Da una parte il “Piano Nazionale di Sviluppo – Mobilità Idrogeno Italia” elaborato dall’Associazione italiana idrogeno e celle a combustione (H2IT), prevede che entro il 2025 ci saranno in circolazione 27.000 autovetture alimentate a idrogeno (circa lo 0,1% del parco auto italiano) per poi arrivare a quasi 300.000 nel 2030 e 8,5 milioni al 2050; dall’altra il Governo ha posto come obiettivo una percentuale di idrogeno negli usi finali dell’energia pari al 2% entro il 2030 e intorno al 20-23% entro il 2050.

Se i numeri relativi all’automobile, stimati nel 2019, appaiono già in ritardo e soprattutto non supportati adeguatamente da un’infrastruttura che dovrebbe vedere entro il 2025 la realizzazione di almeno 197 stazioni di servizio capaci di fornire oltre 9.200 tonnellate di idrogeno l’anno, a livello normativo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha individuato fondi complessivi per 3,19 miliardi di euro per i progetti dedicati all’idrogeno, come riconversione delle imprese, produzione, trasporto e stoccaggio: recentemente sono stati pubblicati due bandi che prevedono 30 milioni di euro per progetti di ricerca sviluppati dalle imprese e 20 milioni per progetti di organismi di ricerca pubblici, ovvero enti e università.

3 temi per vincere la sfida

Tornando al report di McKinsey, in effetti sono tre i grandi temi da affrontare per permettere all’idrogeno di conquistare il suo spazio:

  1. adeguare infrastruttura e filiera,
  2. scalare la produzione verso l’alto attraverso miglioramenti tecnologici,
  3. avere il supporto dei governi.

Secondo il rapporto, nel 2050 aree come l’Unione Europea o la Gran Bretagna dovrebbero essere in grado di produrre al 100% idrogeno pulito.

Il documento Global Energy Perspective affronta poi il tema della cattura, della conservazione e dell’utilizzo del carbonio (CCUS: Carbon capture, utilization, and storage). Oggi questo settore rappresenta una nicchia, ma secondo McKinsey per rispettare i limiti di emissioni imposti da accordi e normative dovrebbe crescere di 120 volte entro il 2050. La cosa non appare plausibile, anche perché mancano riferimenti normativi certi. Per quella data, comunque, si prevede che circa l’80% di questa attività CCUS sarà finalizzata alla produzione di cemento, ferro e acciaio e idrogeno, anche se con grandi differenze a livello regionale.

Infine, il report si concentra sugli investimenti nel settore energetico, che nello scenario intermedio potrebbero crescere del 4% all’anno, con l’incremento più sostanziale (12%) in tutto ciò che riguarda le tecnologie dedicate alla decarbonizzazione. A livello mondiale, gli investimenti nel settore energetico potrebbero alla fine stabilizzarsi intorno ai 1.700 miliardi di dollari all’anno.

L'energia può attrarre investimenti crescenti, con la maggior parte della crescita
essere nelle FER e nelle tecnologie di decarbonizzazione
L’energia può attrarre nuovi investimenti in FER e nelle tecnologie di decarbonizzazione – Fonte McKinsey Energy Insights Energy Value Pools Model; IEA World Energy Investments; IEA World Energy Outlook 2021

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Paolo Galvani

Nato nel 1964, è giornalista professionista dal 1990 e si occupa di tecnologia dalla fine degli Anni ’80, prima come giornalista poi anche come traduttore specializzato. A luglio 2019 ha lanciato il blog seimetri.it, dedicato alla vita in camper, e collabora con diverse testate giornalistiche specializzate nel settore del turismo all’aria aperta.
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